Dio, vera fonte di giustizia e luce
24 maggio 2016
Un giorno una parola – commento a II Corinzi 6, 14
Guai a quelli che fanno decreti iniqui per negare giustizia ai deboli, per spogliare del loro diritto i poveri del mio popolo
Isaia 10, 1.2
Che rapporto c’è tra la giustizia e l’iniquità? O quale comunione tra la luce e le tenebre?
II Corinzi 6, 14
Luce e tenebre. L’apostolo Paolo sembra qui assumere un linguaggio manicheo: bianco/nero, giusto/ingiusto. Pare tracciare un confine netto fra termini opposti, i quali però non sono così scindibili nel mondo che conosciamo. Che cosa c’è di veramente giusto, nel mondo? Che cosa di ciò che ci è possibile fare, anche nei campi più sublimi dell’operare umano, è davvero giusto e luminoso? Che cosa è mai pura «luce»? La bellezza dei dipinti di Caravaggio sta proprio nella compresenza di luce e tenebre, la grandezza di una musica sta spesso in un sapiente dosaggio di suono e silenzio. Persino buone leggi possono essere frutto di compromessi e, talvolta, di commerci poco onorevoli. Tutta la nostra vita, quand’anche vissuta nella fede, rispecchia una compresenza, sovente indistinguibile, di luce e tenebre, di giustizia e iniquità. Ha forse sbagliato, Paolo? Si è perduto in un idealismo alieno alla vita? In un moralismo pedante e cieco verso l’umanità?
In realtà, Paolo non sta affermando affatto che noi possiamo essere tutta luce, tutta giustizia. Il suo domandare è invece volto a mostrare quale sia la vera fonte della giustizia, la vera luce. E quella fonte non siamo noi stessi, bensì Dio solo. Rimettendo nelle sue mani il nostro agire, il nostro pensare, la nostra vita, riceviamo luce che illumina davvero, che dissolve le tenebre, che spazza via i nostri vani tentativi di giustificarci, giuridicamente o religiosamente. E riceviamo insieme la sola giustizia che valga: il perdono, che è anche il solo criterio che possa guidare ad azioni giuste, a leggi giuste. Solo da qui, dal riconoscimento di questa nostra estrema povertà difronte a Dio, possiamo incominciare ad agire per rendere agli altri quella giustizia che abbiamo ricevuto, per rendere ai poveri il loro diritto e ai deboli giustizia.