Elia Diodati che fece leggere Galileo all’Europa
12 maggio 2016
Cugino di Giovanni, promosse la stampa del «Dialogo» messo all’Indice dall’Inquisizione
Il grande merito del nostro massimo fisico e matematico Galileo Galilei fu di trasformare la scienza da dibattito filosofico astratto (pro o contro Aristotele) in analisi scientifica del cosmo dopo aver puntato il suo cannocchiale verso il cielo. Le sue straordinarie scoperte – i quattro pianeti di Giove e che Venere aveva le fasi come la luna – gli fornirono la dimostrazione evidente che la teoria eliocentrica di Copernico era esatta: come tutti i pianeti anche la terra girava attorno al sole.
Nel febbraio del 1632 riuscì a pubblicare la sua opera fondamentale, il Dialogo sopra i due massimi sistemi, a Firenze, ottenendo, grazie ad amici, un imprimatur che gli sarà contestato.
Al termine di un estenuante processo a Roma, il 22 giugno 1633, Galilei fu dichiarato dall’Inquisizione dominata dai gesuiti: «vehementer sospetto d’eresia, cioè d’haver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine Scritture». Il Dialogo venne proibito e messo all’Indice, all’autore fu imposta una pubblica abiura ed egli venne condannato «al carcere formale di questo Santo Officio ad arbitrio nostro». Il vecchio di 69 anni, malato e dolorante, dovette inginocchiarsi davanti ai suoi giudici e giurare sul Vangelo di credere «tutto quello che tiene, predica e insegna la Santa Cattolica e Apostolica Chiesa» (cioè che il sole gira attorno alla terra) e di non affermare più «in voce o in scritto» la tesi contraria. Infine al vecchio scienziato furono concessi i «domiciliari» (come diremmo oggi) ad Arcetri, ma si trattò di una vera prigione sotto il rigido controllo dell’Inquisizione.
A questo punto: distrutta la sua opera principale, costretto al più assoluto silenzio, impegnato da un solenne giuramento, Galilei sembrò avviarsi verso la fine della vita completamente imbavagliato.
Se invece il suo pensiero e le sue scoperte continuano a essere conosciute e studiate in Europa per secoli lo si deve a un suo fedele amico protestante, Elia Diodati, che lo aveva visitato ad Arcetri nel 1626 e aveva iniziato poi una lunga corrispondenza (circa 90 lettere). Ma chi era questo Elia Diodati? Lo ha ricordato con una magistrale conferenza nel tempio valdese di Genova il 30 aprile scorso il pastore Eugenio Stretti fondandosi sulla tesi di dottorato di Stéphane Garcia, assegnatagli da Giorgio Spini e pubblicata in francese a Firenze nel 2004*.
Elia Diodati (1576-1661) era un giurista ginevrino di famiglia lucchese (cugino del più noto Giovanni) che divenne avvocato parlamentare a Parigi, amico del re Luigi XIII, che lo inviò come ambasciatore in Olanda. Uomo coltissimo (aveva una biblioteca di 3000 volumi) e grande organizzatore culturale, si convinse della verità della teoria galileiana e fece il massimo sforzo per farla conoscere in Europa nonostante l’Inquisizione.
Prese contatto con un professore di storia a Strasburgo, luterano e amico di Keplero, Matthias Bernegger, che accettò di tradurre il Dialogo di Galilei dall’italiano al latino (lingua comune europea). Scrivendo a un amico, Bernegger affermò: «Vedi a che livello di stupidità sono giunti questi porporati: non permettiamo loro di privare le persone per bene di un’opera così grande!».
La versione latina fu stampata a Strasburgo nel 1635 con il titolo Systema cosmicum, a spese di Elia Diodati che, nell’edizione successiva (1636), vi aggiunse la Lettera a Madama Cristina di Lorena (moglie del principe Medici) di Galilei, da lui tradotta in latino. Poi seguirono molte altre ristampe a Lione (1641), a Londra (1643) e a Leida in Olanda (1664). L’opera di Galilei fu studiata dunque da tutto il mondo scientifico europeo, da Leibnitz a Newton, grazie a un protestante di origine italiana.
Scrivendo a Diodati Galilei disse: «con l’autorità dei Padri io scrissi quanto sia grande abuso il volere, in questioni naturali, valersi tanto delle Sacre Scritture e come ottimo consiglio sarebbe il prohibire che in tali dispute si impegnassero le S. Scritture». E fece suo il motto: «Le Scritture non ci dicono come è fatto il cielo ma ci spiegano come si va in cielo». Parole sante.
* S. Garcia, Elie Diodati et Galilei. Naissance d’un réseau scientifique dans l’Europe du XVIIe siècle. Firenze, Olschki, 2004, pp. 446; John L. Heilbron, Galileo. Torino, Einaudi, 2013, p. 408.