Una piccola chiesa su ruote
19 aprile 2016
All’apparenza è uno dei tanti mezzi di trasporto che vediamo circolare nelle nostre città, in realtà si tratta di una chiesa «mobile»
All’entrata del centro commerciale «Porta di Roma» è parcheggiato un autobus blu. All’apparenza è uno dei tanti mezzi di trasporto che vediamo circolare nelle nostre città, ma chiunque si avvicini scopre che si tratta di una chiesa «mobile», una piccola chiesa su ruote che va verso le persone, facendo ciò che una chiesa è chiamata a fare: prega, predica l’evangelo e si prende cura di chi ha bisogno di essere ascoltato e sostenuto. I passanti incuriositi che «salgono» su questa piccola chiesa, possono bere un caffè, prendere gratuitamente un libro da leggere e parlare con qualcuno che è disposto ad ascoltare. Parliamo dell’iniziativa con l’evangelista Ivano De Gasperis, il cui ministero – riconosciuto dall’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (Ucebi) – viene svolto al servizio della chiesa battista di Roma-Trastevere.
«Si tratta di un progetto che ha avuto origine da una serie di incontri avvenuti a Milano tra alcuni fratelli e sorelle che avevano il desiderio di annunciare alla città il messaggio del Vangelo. Al principio, non sapendo cosa fare, hanno cominciato semplicemente a pregare, e quando si prega insieme accade che il Signore dia delle visioni, dei sogni. È stato allora che qualcuno ha pensato di utilizzare un autobus per incontrare le persone che si trovano in strada e ascoltarle. Il successo di questa iniziativa sta nel fatto che l’autobus non sembra una chiesa, ma è qualcosa che le persone sono abituate a vivere come luogo pubblico sul quale si sale per poi scendere, senza particolare impegno».
Come si avvicinano le persone?
«Molti notano le frasi poste sui lati dell’autobus che recitano “Io ti amo”, “Io ti ascolto”. Incuriositi, si avvicinano e salgono sull’autobus, dove tutto è rivestito in legno: in tanti sottolineano la familiarità dell’ambiente. Ma non è tanto il bus in sé che fa effetto quanto la nostra disponibilità a incontrare l’altro: la gente ha desiderio di questo! Non è affatto vero che ci sia chiusura o la gente sia infastidita. Quello che riscontriamo è fame di spiritualità, di umanità, di desiderio di raccontarsi e – sorpresa delle sorprese – di pregare insieme. Spesso, alla fine degli incontri, le lacrime scorrono a fiumi, e questo dà il senso di quanta solitudine ci sia nelle nostre città».
Finora chi è salito sull’autobus?
«Dipende da dove abbiamo sostato. Durante le feste natalizie l’autobus era in una zona famosa per essere frequentata da prostitute e transessuali: il nostro servizio è stato soprattutto notturno e le esperienze fatte in quel contesto sono state molto toccanti. Attualmente, il bus è parcheggiato davanti a un centro commerciale tra i principali di Roma: indicativamente l’80% delle persone salite sul bus sono state giovani, poi c’è stata una discreta percentuale di persone mature e poi qualche anziano curioso».
Con chi condivide questo ministerio?
«Fondamentalmente con la chiesa battista di Roma-Trastevere che sostiene il mio ministero evangelistico, anche in questo specifico progetto che abbiamo condiviso con tutte le chiese di Roma. Avendo diffuso la notizia sui social network, sono arrivate persone un po’ da tutta Italia di diverse denominazioni che hanno trascorso una giornata partecipando a una comunità che ha la porta aperta. Facciamo anche un po’ di volantinaggio, ma devo dire che non ce ne è quasi bisogno. In realtà il risultato più bello e inaspettato di quest’iniziativa è che il bus stesso sta diventando luogo di ritrovo regolare dove alcune persone, che pensavamo di non rivedere più, stanno tornando a trovarci: questo sta trasformando l’autobus in una piccola comunità».
Stare in strada espone a imprevisti. Avete incontrato particolari difficoltà?
«Dipende dalle zone. Abbiamo portato l’autobus nel Laurentino 38, dove anni fa è nata la missione del Laurentino, che notoriamente è una realtà difficile del territorio romano. Lì tanti ragazzi si sono sbizzarriti con bombolette a scrivere bestemmie sul bus, che poi è stato anche forzato e derubato. Molto buffo è che la refurtiva sia stata poi portata a delle persone del quartiere, che hanno a che fare con l’ambiente criminale, a cui stavamo annunciando l’evangelo, che ci hanno riconsegnato tutto. Questo è stato l’evento più forte. Per il resto non abbiamo subito granché, tranne le attenzioni delle forze pubbliche o di vigili particolarmente arroganti che ci hanno creato qualche disagio, nonostante fossimo in regola con tutti i permessi».
Che cosa sta ricevendo da questa esperienza?
«Innanzitutto una grande lezione di umiltà. Da una parte, essa mi ricorda che per evangelizzare non c’è bisogno di portarsi la veste di ricambio o dei soldi, perché l’evangelo è potente di suo. Non sono certo gli strumenti – e il bus è un piccolo pretesto – che rendono più efficace la parola di Dio: insomma, Dio non ha bisogno di amplificatori di nessun genere. Dall’altra ho riscontrato la grande voglia che le persone hanno di ascoltare l’evangelo: ci nascondiamo sempre dietro la falsa scusa, che forse ci autoassolve, che il mondo non vuole ascoltare la Parola di Dio e non è interessato all’Evangelo. Invece, la realtà è che c’è chi ha disperatamente bisogno di ascoltare questa parola. Molte volte mi hanno detto: “è proprio ciò di cui avevo bisogno oggi”. Ciò che predichiamo è che siamo preziosi agli occhi di Dio, che il Signore ci dà sempre una seconda possibilità, che Lui ci ama e che non dobbiamo guardare al nostro passato ma costruire un futuro nuovo insieme, imparando anche dagli errori commessi. Questo messaggio a noi ormai suona scontato, banale ma è un po’ come il pane a tavola: ce l’abbiamo e non ne apprezziamo più il gusto perché forse abbiamo perso la fame».
Di che cosa avete bisogno?
«Abbiamo bisogno soprattutto di persone che passino del tempo su questo bus, dove incontrare le persone. Certamente, ci servirebbero anche dei buoni testi di letteratura da proporre e condividere. Ma ciò che più ci occorre è la presenza di donne e uomini che siano disposti ad ascoltare l’altro o l’altra e a pregare per lui e per lei, e che abbiano l’unico strumento che serve, che è la fede».
La «chiesa mobile» è a disposizione delle chiese che fossero interessate a organizzare nelle proprie città momenti pubblici di evangelizzazione. Per informazioni, contattare il pastore Ivano De Gasperis ([email protected]).