Tra nudo e laicità
12 febbraio 2016
Le statue coperte a Roma, Jeff Koons nascosto a Firenze e Tamara de Lempicka oscurata a Torino
Una vicenda che più che del nostro ruolo nel contesto globale, dovrebbe parlare a noi stessi. Una vicenda che ha fatto emergere la nostra atavica insicurezza e paura di essere bollati sempre come i più sciocchi d'Europa, i furbetti poco onesti, i più provinciali. Torniamo indietro di qualche passo, alla visita del presidente iraniano Rouhani e alla contestuale copertura delle statue ai Musei Capitolini.
Riflettendo un attimo, davvero pensavamo che Rouhani non sapesse che in Italia ci sono statue di nudo nelle piazze? Cosa si aspettava dalla culla della cultura europea? Dal museo a cielo aperto che siamo? E i cannoli? E I babà? Da sua stessa ammissione il presidente iraniano non si aspettava niente di tutto ciò, ma ha accolto benevolmente lo zelo come ospitalità italica.
Potremmo essere noi, e non Rouhani in visita a Roma, ad avere un problema con il corpo?
Anche se abbiamo cotanta bellezza scultorea sotto gli occhi quotidianamente, cominciamo a guardare davvero quando ci immedesimiamo negli occhi di altri che potrebbero vedere nudo.
Chi ha riflettuto sulla questione è l'Uaar, Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti. Ne parliamo con la responsabile delle iniziative, la dottoressa Adele Orioli.
Come avete reagito a questa vicenda?
«Innanzitutto ci siamo molto stupiti di come lo scandalo e lo sconcerto nel nostro paese vadano a corrente alternata. Quando sette mesi fa papa Bergoglio andò in visita a Torino, in tutta la città vennero coperti i manifesti di Tamara de Lempicka, colpevole di aver disegnato e dipinto nudi nella sua carriera artistica. (Oppure la visita dello sceicco Mohammed Bin Zayed Al Nahyan a Firenze, per il quale era stata coperta una statua di Jeff Koons. Ndr). Allora solo l'Uaar, insieme ai radicali espressero sconcerto e scandalo mentre a tutti parve normale, eppure in fondo si trattava della stessa cosa. Dobbiamo pensare, a mio parere, a quali sono i diritti in gioco, sia dal punto di vista della religione che della libertà di espressione di pensiero e artistica. In generale dobbiamo pensare che il diritto fondamentale da tutelare non quello di non sentirsi offesi, semmai quello di poter esprimere le proprie opinioni senza che sfocino nella violenza o nell'intolleranza.
Coprire le statue non avviene, paradossalmente, nemmeno in Iran. Rivendicare i valori di una religione rispetto a un'altra ci farebbe solo finire in una spirale violenza e assurdità logica, quello che dobbiamo fare è rivendicare la laicità del nostro paese; quella laicità che è inclusiva, che permette a tutti di vivere la propria religione e permette anche di non averne una.
Ci stupiamo che Rouhani faccia scandalo e papa Bergoglio no, eppure si parla sempre di censura a base religiosa».
Sembra quindi che la rivendicazione della nostra cultura e delle nostre radici diventi l'occasione in cui si svela la nostra pudicizia...
«Esattamente. Più che altro diciamo che è una situazione paradossale molto all'italiana in cui tendiamo a considerare la censura su base religiosa come un fatto pressoché normale quando riguarda la nostra religione di maggioranza e invece considerarla quasi un attentato alla nostra civiltà quando riguarda altre religioni. Rivendicare la purezza delle nostre radici non ha senso perché è evidente che sono piuttosto variegate, ribadisco che si dovrebbe ricordare il rispetto verso l'individuo prima ancora che verso la comunità al quale l'individuo appartiene. Su questa base non c'è censura che tenga, non c'è velo che vada a coprire alcuna opera d'arte».
La cultura e l'educazione come possono migliorare una convivenza basata sulla laicità all'interno di un paese con radici così diverse?
«Dove la laicità è garantita negli spazi pubblici, non è necessario parlare di integrazione ma di pacifica convivenza. Anche questa presa del cattolicesimo sulla popolazione italiana è sovrastimata: statistiche delle stesse curie e diocesi stimano che meno del 20% di quelli che si dichiarano credenti frequentino la messa abitualmente; i matrimoni civili hanno superato quelli religiosi, almeno in tutte le regioni del nord. L'intera Italia si sta secolarizzando molto più di quanto determinate manifestazioni, soprattutto a livello governativo, vorrebbero far credere. Anche solo i non credenti, che noi rappresentiamo, sono circa un italiano su sei, ovvero più di 10 milioni, una cifra considerevole che supera il numero di tutte le religioni di minoranza messe insieme. Secondo me il quadro del paese è diverso da come viene rappresentato».
Ha un senso tutto lo scalpore suscitato da questa vicenda e, se ce l'ha, cosa può insegnarci?
«Può insegnarci che non serve passare per quelli senza altro valore che l'essere interessati solo a importare petrolio e fare investimenti.
Non vorrei che questo sembrasse un invito a radicalizzare ancora di più lo scontro fra religioni e civiltà. Dobbiamo ribadire, riconfermare e riconquistare quello spazio di laicità del pubblico che impedisce di venire a patti con tradizioni religiose che appartengono a una minoranza o non ci appartengono. Nessuna tradizione religiosa è universale come invece lo sono i diritti umani fondamentali».