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Chiamati a scegliere

Un giorno una parola – commento a Giosuè 24, 18

Anche noi serviremo il Signore, perché lui è il nostro Dio
(Giosuè 24, 18)

Ognuno ci consideri servitori di Cristo e amministratori dei misteri di Dio
(I Corinzi 4, 1)

A Sichem sono radunate le tribù in assemblea dinanzi al Dio d’Israele. Giosuè presiede l’assemblea solenne e rivolge la parola al popolo per riaffermare il solenne patto che li unisce al Signore. Il popolo d’Israele è entrato nella storia con la spada in mano e si è appropriato della terra promessa. Gli schiavi usciti dall’Egitto come un’orda senza destinazione sono diventati un popolo e ora con il possesso della terra diventeranno una nazione con un destino e una vocazione. Giosuè vuole ricordare a tutti due cose. La prima che sono diventati un popolo libero, loro che erano degli schiavi, gente disgraziata senza storia e senza futuro, perché Dio li ha scelti per sé e ha pagato il prezzo del loro riscatto sconfiggendo Faraone e tutte le forze oscure della schiavitù egiziana. Ora sono liberi per diventare servitori di Dio e del suo proposito di salvezza. In secondo luogo, agendo da profeta, dischiude dinanzi al popolo i rischi della libertà, decadere nell’idolatria degli idoli ciechi e muti per tornare schiavi. Israele è stato liberato per servire l’Iddio degli schiavi, non ci sono alternative: o servirete Dio liberando gli schiavi e combattendo gli idoli che rendono schiavi gli esseri umani o tornerete alla schiavitù asservendo altri esseri umani come gli egiziani schiavizzarono i nostri padri in Egitto. Siamo chiamati a scegliere, Sichem è il luogo della decisione dove sarà posta a memoria perpetua la pietra dell’impegno solenne: Noi e la nostra casa serviremo l’Eterno.

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