Il Signore aprirà per noi una strada
18 gennaio 2016
Un giorno una parola – commento a Isaia 43,16
Il Signore aprì una strada nel mare e un sentiero tra le acque potenti
(Isaia 43,16)
Non temere; soltanto continua ad avere fede!
(Marco 5, 36)
Aprire una strada è un’immagine di salvezza, una metafora dell’intervento divino che porta, in una situazione disperata, la speranza di scampare al pericolo imminente. Il secondo Isaia evoca la grande impresa divina celebrata da Israele ogni giorno. L’esercito di Faraone era separato dagli schiavi fuggiti da una nebbia quasi «solida», una tenue nube che sarebbe stata spezzata dal calore del deserto dopo poche ore. In quel momento decisivo e disperato, quando si sentiva il respiro dei cavalli e il rumore del metallo dei carri, Dio aprì una strada nel mare per salvare un popolo minacciato di genocidio. L’autore del nostro testo annuncia un secondo Esodo agli ebrei esiliati in Babilonia. Il Signore aprirà per noi una strada nel deserto della nostra schiavitù, e il mare dell’oppressione sarà aperto perché il popolo di Dio ritorni alla erets, alla terra promessa agognata da lontano.
Oggi inizia la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani e la nostra preghiera diventa strumento teologico e dialogo della carità tra i fratelli cristiani divisi. Solo l’opera divina potrà fendere il mare delle nostre divisioni, l’oceano di secoli di incomprensioni, lotte e anatemi reciproci. La preghiera è dialogo corale dei cristiani con Dio, dinanzi a noi un mare vuoto e oscuro, un tehom tumultuoso e in molti casi ancora, purtroppo, voluto e conservato da molti come inevitabile. Alcuni non ci rassegniamo alle divisioni e vogliamo insieme con la preghiera chiedere a Dio di aprire in mezzo al mare delle divisioni una strada verso l’unità.