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In Dio mi rifugio

Un giorno una parola – commento a Salmo 141, 8

A te sono rivolti i miei occhi, o Dio, Signore; in te mi rifugio, non abbandonare l’anima mia
(Salmo 141, 8)

Egli stava dormendo sul guanciale a poppa. I discepoli lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che noi moriamo?
(Marco 4, 38)

La preghiera dell’antico salmista è la nostra preghiera. Quando leggiamo un Salmo, ecco che all’improvviso non stiamo più dando voce a una persona da lungo scomparsa, ma ci ritroviamo a esprimere i nostri sentimenti più intimi, le nostre paure più profonde, le nostre speranze nascoste… Può darsi che questo avvenga perché, nonostante tutto il tempo trascorso, noi esseri umani non siamo minimamente cambiati. Negli ultimi venticinque secoli non è uscita una versione 2.0 dell’homo sapiens. Nello stesso tempo, non è cambiato Dio: da duemila anni egli continua a rivelarsi a noi nella croce di Cristo. Gli uomini e le donne possono continuare a rivolgere i loro occhi a lui con fiducia e con speranza, perché sanno che incontreranno lo sguardo misericordioso di Gesù. Nell’amicizia di Cristo troviamo calma e serenità. Ci sentiamo avvolti dal caldo buono dell’affetto e dell’accoglienza. Stiamo bene, a nostro agio, rilassati: «Come un bimbo divezzato sul seno di sua madre» (Salmo 131, 2). I bambini sanno di poter contare sempre sui propri genitori e si abbandonano completamente fra le loro braccia: questa era la fiducia di Gesù nel Padre, questa la comunione alla quale ci invita.

L’autore del nostro testo non era un essere disperato che, dopo averle provate tutte, «ci prova» anche con Dio. Era invece un uomo (una donna?) che sapeva che al Signore importa se noi moriamo (Mc. 4, 38). Quale amico resterebbe indifferente? Quale genitore? Perciò, nella preghiera, richiesta e fiducia si fondono in una speranza che è già un anticipo di esaudimento. Si aspetta un aiuto concreto, e lo si chiede, proprio perché si sa che l’Eterno è in grado di darlo. Lo sguardo dell’antico salmista non era l’espressione piagnucolosa di chi vuole impietosire, ma di chi attende con fiducia – non se – ma quando avverrà l’esaudimento. Con lo stesso sguardo carico di fiducia, possiamo e dobbiamo guardare in direzione del prossimo Natale.

Foto via Pixabay