Maschere e religione
02 dicembre 2015
Rubrica «Finestra aperta» della trasmissione di Radiouno «Culto evangelico» curata dalla Fcei, andata in onda domenica 29 novembre
Ricordo che mi colpì molto la notizia che in diversi posti in Egitto, durante il periodo degli attentati del fondamentalismo islamico alle chiese cristiane, islamici moderati, di domenica facevano con i loro corpi una cintura di protezione perché le funzioni religiose cristiane, il culto o la messa, potessero aver luogo in sicurezza. Ecco la manifestazione di una fede che non calpesta l’umanità: mettere i propri corpi a protezione della libertà altrui. Una religione che parla di Dio, di chi crea la vita e la sostiene e non approva chi la sopprime.
Vorrei che in questo momento i cristiani in Occidente, facessero la stessa cosa. Che noi costruissimo un cordone di protezione intorno a quell’islam fatto di persone come noi, che sperano in una condizione di vita migliore, che vivono pacificamente, guadagnandosi il pane con il loro lavoro. La religione nella sua versione integralista è trasversale. Esiste nell’islam, nell’induismo, nel buddismo, nell’ebraismo; e, nel cristianesimo, ha scritto tragiche pagine di storia, come tutti sappiamo.
La religione è a volte una maschera di cui alcuni criminali si servono per fini di potere e che, purtroppo, molti ingenui o spaesati finiscono per indossare. Una maschera che nasconde il proprio volto per non incontrare e riconoscere quello dell’altro. Il terrorista religioso infatti per distruggere alla cieca l’altro e amplificare la sua azione devastatrice, ha bisogno di cancellare del tutto l’umanità del supposto nemico, ma anche la propria. Quello che considerano come «atto di estremo sacrificio», in realtà è atto estremo di bestemmia, con il quale si nomina Dio nella cui immagine siamo stati fatti, ma si serve un idolo assetato di sangue. D’altra parte l’islamofobia usata come un randello da alcuni nostri politici irresponsabili, persegue la stessa logica: cancellare il volto dell’altro.
Credo che la prova dell’autenticità di ogni religione sia la sua disposizione all’autocritica. Noi protestanti, enunciando il principio ecclesia reformata semper reformanda, diciamo che la chiesa ha sempre bisogno di ripensarsi, se necessario di tornare sui suoi passi, di pentirsi, di cambiare. Anche il pontificato di Papa Bergoglio sembra animato dal desiderio di scendere dai pulpiti e fare umile pulizia nelle proprie sagrestie.
Anche l’Islam ha bisogno di un rinnovamento culturale, teologico e storico che spunti le armi ideologiche di chi utilizza il testo sacro per fomentare l’odio, ma anche per analizzare criticamente la storia della propria diffusione nel mondo. Comunque non spetta a noi individuare e stigmatizzare i versetti coranici usati per giustificare la violenza. Possiamo dedicarci più proficuamente a questo esercizio, individuando quelli della Bibbia che sono stati usati a questo scopo, e sappiamo che non è difficile trovarli.
Il compito che Dio affida a tutti noi, credo sia stato indicato proprio da quegli islamici che si sono schierati a protezione delle nostre chiese: essere gli uni cordone di protezione degli altri, contro le generalizzazioni della propaganda bellica, contro l’uso della religione come di una maschera che copre la nostra comune umanità, e ci impedisce di riconoscerci figli di quell’unico Dio che crea e che ama.