Il riscatto dei perdenti
12 settembre 2014
Un giorno una parola - Commento a Salmo 18, 29
Con il mio Dio salgo sulle mura
(Salmo 18, 29)
Noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati
(Romani 8, 37)
Sfigato/sfigata, è una parola che in modo sintetico ma piuttosto sgarbato descrive una persona che si trova perennemente in difficoltà, che in tutte – o quasi tutte – le sfere della sua vita non conclude nulla. L’amara ironia di questa mezza parolaccia consiste nell’affermare implicitamente che la persona in questione non è la vera causa delle sue sconfitte. Anzi, spesso di tratta di persone che danno il meglio di sé, che in teoria avrebbero le carte in regola per vincere in tutte le sfide della vita. Eppure le vittorie sognate e ardentemente desiderate non arrivano.
L’autore del Salmo 18 è sicuramente un vincente. Le prime parole di questo cantico di lode lo identificano con Davide “quando il Signore lo liberò dalla mano di Saul” (v. 1). Leggendo questo testo carico di grande forza poetica ma anche piuttosto lungo – ben cinquanta versetti – si prova un misto di edificazione e di perplessità. L’edificazione perché il Salmo afferma chiaramente che nessuna vittoria può essere attribuita semplicemente alla bravura umana: Egli tese dall’alto la mano e mi prese (v. 16). La perplessità, perché numerosi versetti di questa “ode trionfale” sono carichi di violenza. Espressioni e immagini tipiche della guerra dominano apparentemente su tutto il resto. Il versetto 29 parla in sostanza dell’assalto a una fortezza (o una città fortificata) difesa da un numeroso e forte esercito: “Con te io assalgo tutta una schiera, con il mio Dio salgo sulle mura”.
Sembra dunque che sia nel Salmo 18 sia nella realtà di tutti i giorni l’umanità debba essere divisa in due categorie: i perdenti (per favore, non chiamiamoli sfigati!) e i vincenti. I passaggi tra una categoria e l’altra sono frequenti ma non obbligatori. C’è però nel nostro Salmo un versetto che sembra mettere in discussione questo teorema: «… Tu sei colui che salva la gente afflitta» (v. 27). Nella prospettiva della fede cristiana conta molto quest’affermazione perché in essa i rapporti tra deboli e potenti, tra vincitori e vinti sono rovesciati. Il più grande vincitore della storia è Colui che, dai suoi potenti e vincenti avversari, è stato sconfitto e condannato a morte.