I valori che non perdono senso
12 novembre 2015
L'etica protestante parla ancora alla politica di oggi?
Sono state date le più varie spiegazioni della crisi economica, sociale, politica vissuta dal 2008 a oggi. Dopo la crisi*, un piccolo libro (45 pagine) da qualche giorno nelle librerie contiene alcuni contributi di Ralf Dahrendorf, (1929-2009), nato tedesco, cittadino britannico dal 1988, uno dei più grandi scienziati sociali del Novecento, con postfazione di Laura Leonardi.
Il primo contributo del filosofo esociologo riprende nell’ultimo anno di vita, dopo che la crisi era già esplosa nella sua virulenza, una tesi già esposta nel 1984. Che il «capitalismo di risparmio» di un tempo sia passato a essere ora «capitalismo di debito». Questa mutazione non ha toccato solo gli atteggiamenti di imprenditori e manager, ma anche quelli di cittadini e consumatori. E Dahrendorf rimette a fuoco Max Weber, la celebre analisi di L’etica protestante e lo spirito del capitalismo. Che ha un punto debole, in quanto è stato dimostrato che anche in ambienti cattolici c’era capitalismo, scrive l’autore: ma ribadisce che in età più sobrie, in ambito protestante soprattutto, era costume risparmiare oggi e consumare domani (per i calvinisti era l’aldilà il luogo della ricompensa del sudore del lavoro); che quindi il risparmio è stata la leva di formazione del capitale. Poi è venuto il costume sociale inverso, consumare e godere a prestito, a debito, basare il capitalismo sul debito. Dalla deriva etica comune a tutti è nata la crisi
Il secondo contributo dell’autore è altrettanto considerevole. C’è la globalizzazione, si dice da parte di alcuni leader politici, per cui le misure di risposta devono essere globali. Dahrendorf spiega che i problemi planetari sono di fatto più mondiali che globali, nel senso che sono diversi da paese a paese e quindi la crisi non si risolve con atto di forza globale ma fa carico all’assunzione di responsabilità dei singoli paesi, dei singoli interessati: per cui è questa la carenza di eurozona, non essere una potenza di garanzia in grado di sostenere meccanismi sanzionatori. Finora la crisi ha prodotto vittime e rabbia sociale, non la coscienza diffusa della necessità di atteggiamenti più prudenti di quelli diffusi dal capitalismo e dalla cultura condivisa del debito.
Come apparirà il mondo dopo la crisi? È sicuro che quando la discesa si arresterà la maggior parte dei paesi sviluppati si ritroveranno più poveri. Ci si deve augurare allora – Dahrendorf interroga – «un ritorno all’etica protestante di benedetta memoria?». No, dice, perché non è più possibile, è cambiata l’economia moderna e con essa lo spirito del tempo, «ma è certamente possibile, e anche auspicabile, una rivitalizzazione di antiche virtù (...) lavoro, ordine, servizio, dovere rimangono prerequisiti essenziali del benessere ma il benessere è godimento, divertimento, piacere, distensione». Il famoso «capitalismo renano», quello della cogestione, neanch’esso sarà il modello di un muovo capitalismo responsabile, che riconduca il capitalismo di debito a una misura sopportabile, conclude l’autore.
Devo dire che non mi sembra conclusione che apra grandi spazi sul futuro possibile, ma si sa che disegnare le terapie dei malanni sociali è sempre più difficile che fare le diagnosi.
La puntuale postfazione di Laura Leonardi (docente alla Facoltà di Scienze politiche di Firenze) dà conto dei filoni dell’analisi di matrice liberale di Dahrendorf alla fonte del suo pensiero sul capitalismo di debito e sulla crisi, in particolare le teorie critiche sulla società, i fattori di diseguaglianza e di conflitto, la democrazia etica. Il pensiero dello studioso tedesco-britannico, qui esposto in rapidi flash, Leonardi lo esplica dando luce ad alcuni processi sociali che hanno alimentato la crisi.
* Ralf Dahrendorf, Dopo la crisi, Bari, Laterza, 2015, pp. 45, euro 9,00.