Non siate in ansia per il domani
05 settembre 2014
Un giorno una parola – Commento a Matteo 6, 34
I miei giorni sono nelle tue mani
(Salmo 31, 15)
Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno
(Matteo 6, 34)
Ritengo che sarebbe un errore leggere queste parole come un invito a vivere alla giornata, senza pensare a costruire un futuro per sé e per la propria famiglia. Il contadino che semina il grano e lo ripone nel granaio pensa al futuro, i genitori che provvedono ad avviare i propri figli ad un lavoro o a una professione pensano al loro futuro. Nella nostra società il problema della pensione preoccupa molte categorie di persone. Lo spettro della mendicità abbrutisce e toglie la dignità umana alle fasce più deboli della nostra popolazione. Non parliamo poi della fame nel mondo che nega presente e futuro a popolazioni intere.
Gesù, che, da quel poco che sappiamo, viveva nella precarietà, povero tra poveri, conosce dunque bene l’affanno di ogni giorno. Queste sue parole non sono un elogio della povertà, ma una critica alla mentalità del tempo per cui - allora come oggi - scopo della vita è l’accumulo della ricchezza e la sua esibizione.
Nella sua scala di valori il primo posto è dato al “regno di Dio” e il secondo alla “giustizia di Dio”. Il Regno – sebbene futuro – tu lo puoi annunciare e vivere già ora nell’amore per il prossimo, anzi di farti prossimo di chi soffre, nella riconciliazione col nemico, nell’operare per la pace, e così via dicendo. La giustizia di Dio non è molto diversa; non è di tipo forense, ma è l’amore che fa grazia a tutti, che ricostruisce l’umanità distrutta e restituisce dignità umana ad ogni creatura. Certo, un’opera divina, sovrumana, paragonabile solo ad una resurrezione. Non cioè come continuazione di questa vita, ma una vita nuova.
L’ansia per il domani che ha come oggetto e scopo del tuo vivere la dimensione riduttiva e iniqua della soddisfazione del tuo egoismo, deve cedere il posto alla preoccupazione e all’impegno di costruire una società – come si dice oggi da varie parti – “equa e solidale”.