L’annuncio della buona notizia
02 ottobre 2015
Un giorno una parola – commento a Romani 10, 14
Io annuncerò il tuo nome ai miei fratelli
(Salmo 22, 22)
Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, se non c’è chi lo annunci?
(Romani 10, 14)
È possibile comunicare la «metànoia» (dal greco cambio di direzione, di pensiero)?
Ciò che viene espresso con il termine «conversione» o «nuova nascita», è l’avvento di una nuova mentalità che decide di stabilire il fondamento della propria vita di credente non sull’essere umano ma su Cristo. Da questo deriva la libertà del credente di abbandonarsi totalmente a Dio.
La norma per conoscere Dio non è l’essere umano, la ragione, e nemmeno la religione in genere; Dio può essere conosciuto solo accettando la parola della predicazione basata sulla testimonianza delle Scritture. Testimoniare è affrontare tutti i problemi del vivere nella prospettiva della Parola di vita, non più in una prospettiva umana o delle istituzioni, sacre o profane.
La Chiesa annuncia che Cristo è il Maestro, essa quindi non è un’istituzione gerente della verità e garante dell’ortodossia, ma è serva dell’Evangelo. Il cristianesimo segna la liberazione dei credenti da ogni mediazione e dipendenza sacerdotale. Non vi sono più sacerdoti ma solo più predicatori che annunciano la buona novella: che Dio si è incarnato in Gesù, unico mediatore tra Dio e gli esseri umani. La questione decisiva, dunque, non è la celebrazione di un sacrificio, ma è l’annuncio di Cristo e la fede che accoglie quest’annuncio.
Il Vangelo ci rivela la giustizia di Dio, grazie alla quale Egli, nella sua misericordia, ci ha giustificati mediante la fede in Cristo. La Grazia operata da e in Cristo ci libera da tutto ciò che ci separa da Dio e mette fine ad ogni forma di legalismo nei rapporti con Dio «poiché Cristo è il termine della legge, per la giustificazione di tutti coloro che credono» (Romani 10, 4).
Credere è lasciarci «catapultare» da Cristo al di fuori di noi stessi, per liberarci da noi stessi. Il Vangelo, quando è accolto con fede, crea uomini e donne liberi: «Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Giovanni 8, 32). La testimonianza dell’Evangelo deve avvenire in un respiro di libertà, animata da uno spirito critico verso se stessi, evitando le sicurezze «assolutistiche» in tutto ciò che è umano e storico, quindi anche nelle nostre convinzioni, sia personali che ecclesiastiche.