Verso il Sinodo dei vescovi sulla famiglia
29 settembre 2015
Il successo di papa Francesco nelle gerarchie cattoliche è inversamente proporzionale a quello nella società?
Dal 4 al 25 ottobre 2015 si terrà in Vaticano il Sinodo ordinario dei vescovi sulla famiglia, che si concluderà con proposte e riflessioni consegnate dai vescovi al pontefice. La prima parte, nella sua sessione straordinaria svoltasi nell'ottobre 2014, aveva lasciato trasparire delle possibili aperture per quello che riguarda i divorziati risposati o i matrimoni civili, le convivenze e anche una rispettosa attesa (essere aperti alle sorprese di Dio, aveva detto Francesco) nei confronti delle persone omosessuali. Pochi giorni prima dell'inizio dell'assemblea, undici cardinali hanno proposto una riflessione in un libro che uscirà appositamente per il Sinodo, Matrimonio e famiglia. Prospettive pastorali di undici cardinali definito come molto critico nei confronti di qualunque apertura, soprattutto per le questioni relative ai divorziati. Ne abbiamo parlato con Enrico Benedetto, docente di teologia pratica alla Facoltà valdese di Teologia e membro della Commissione famiglia, matrimonio, coppie, genitorialità della chiesa valdese.
Cosa ne pensa di questo documento?
«Nell'imminenza dell'inizio del Sinodo potremmo dire che si stanno scaldando i motori, con un po' di movimento a bordo campo, come prima delle partite. Se vogliamo prendere il profilo alto potremmo dire che ci si prepara alla resa dei conti, perché un manifesto di questo genere è comunque un gesto importante: 11 firmatari sono minoritari nel collegio dei cardinali, ma si tratta comunque di un numero significativo, così come sono significativi i nomi che firmano il documento. Può stupire per un'assemblea che solo indirettamente è parlamentare si arrivi schierati, e che una certa ala voglia solo contarsi e contare. Leggo questo manifesto come un tentativo militante di profilarsi radicale».
Nell'ultimo anno Francesco sembra aver bypassato le critiche interne: che ne pensa?
«Francesco pratica l'appello al popolo, quindi una chiesa assembleare più che una chiesa di rappresentanza. Quando ci sono iniziative clamorose di questo genere si può sempre dire che dietro una prova di forza c'è sempre una prova di debolezza. Il termine bypassare si applica bene a questi presuli che si sono sentiti saltati da un appello al popolo e che cercano di impuntarsi, sapendo che è l'ultima occasione, se non l'ultima spiaggia. Questo la dice lunga sulla loro strategia che è stata da freno a mano, più repulsiva che propositiva. Qualcuno ha gettato un sasso nello stagno, le onde concentriche ma centrifughe lasceranno traccia».
Dal punto di vista protestante si è parlato di un'apertura evangelica nello scorso sinodo dei vescovi, ma dall'altra si sottolineava la prudenza del cattolicesimo in queste aperture. Dove si schiera?
«Il modo impiegato da papa Francesco in tutto il suo pontificato, dunque mi sembra una costante metodologica, è consistito nello scardinare lo scardinabile in termini pastorali e in termini non dottrinali. Coloro che gli si contrappongono e postulano come fronte contrario, considerano invece che questo è un cavallo di Troia e che, in realtà, si attenta alla dottrina. È possibile che in questo momento gli undici e coloro che potrebbero seguirli si pongano più in termini di virtuale nocività, di capacità di nuocere, che non per rovesciare. Battaglia di avanguardia o battaglia di retroguardia? Si vedrà. Sicuramente papa Francesco si gioca molto e non è detto che riesca a capitalizzare il successo planetario, pensiamo alla campagna americana: primo perché nessuno è profeta in patria, detto che anche Gesù riprendeva, e in secondo luogo perché il successo nelle gerarchie cattoliche di papa Francesco è inversamente proporzionale al successo fuori: è un papa outside. Inside possono essere guai».