Il premio per il dialogo interreligioso vola in Iran
14 settembre 2015
Il riconoscimento attribuito da Interfilm, l’associazione di cinema protestante che promuove la reciproca comprensione fra le fedi attraverso il cinema
Nel corso della settantaduesima edizione del festival internazionale del cinema di Venezia è stato assegnato anche il premio per il dialogo interreligioso, curato da Interfilm, un 'organizzazione cinefila internazionale creata nel 1995 dalla Commissione cinematografica delle chiese protestanti europee. La giuria presieduta quest’anno dal pastore Jorg Herrmann della chiesa protestante tedesca, ha scelto di premiare l'iraniano "Wednesday, May 9" di Vahid Jalilvand. Recita la motivazione: «Con la sua supplica per la compassione, la carità e l'altruismo sullo sfondo della cultura islamica, il film mostra l'universalità dei valori umani e incoraggia il dialogo interreligioso partendo dalle questioni etiche e non dogmatiche».
È la storia di tre persone le cui vicende si intrecciano nella Teheran dei nostri giorni. Un uomo pubblica un insolito annuncio in uno dei giornali del mattino di Teheran per donare 10.000 dollari a una persona bisognosa. L’annuncio colpisce l’attenzione di un gran numero di persone. Al termine del giorno, riceve molte richieste e quindi decide di sceglierne una a caso. Tutti quelli che hanno fatto richiesta sottolineano che quella sarebbe l’unica soluzione ai loro problemi. La polizia interviene per calmare la folla e poi mandarla via. Ma due donne non rinunciano, Setareh, una diciannovenne incinta, e Leila, l’ex fidanzata di Jalal. La pellicola È un tributo agli esseri umani che si impegnano nel mondo per combatterne la sofferenza, ed è una critica alla società moderna e alla maniera in cui è governata.
La giuria nella nota afferma di aver apprezzato «la talentuosa regia di Vahid Jalivand, l’originalità della sceneggiatura e l’abilità degli attori».
In corsa fino all’ultimo per il riconoscimento altre due pellicole: “Mountain” dell’israeliana Yaelle Kayam, e “The heart of a dog” della statunitense Laurie Anderson.