Un pastore prigioniero in Iran
23 luglio 2015
La moglie del pastore statunitense Saeed Abedini, detenuto in Iran lamenta l'esclusione del caso del marito dall'accordo sul nucleare
Il presidente Barack Obama avrebbe dovuto assicurare la scarcerazione dei cittadini statunitensi prima di siglare un accordo sul nucleare con l'Iran e quest'accordo non dovrebbe ottenere l'approvazione del Congresso finché la loro libertà non sarà garantita. Lo afferma Naghmeh Abedini, moglie del pastore irano-statunitense Saeed Abedini, detenuto in Iran.
Nel 2013 Saeed Abedini, 35 anni, cittadino iraniano naturalizzato statunitense, è stato condannato da un tribunale di Teheran a otto anni di prigione perché avrebbe compromesso la sicurezza nazionale dell'Iran fondando chiese domestiche cristiane nel suo paese di origine.
Sua moglie Naghmeh Abedini, di Boise, Idaho, ha detto che suo marito ha subito minacce di morte da parte di militanti islamici detenuti nella stessa prigione a ovest di Teheran e che le sue condizioni di salute si sono deteriorate per mancanza di cure mediche e per il tempo trascorso in cella d'isolamento. Abedini è uno dei tre americani attualmente detenuti in Iran. Sua moglie ha detto che la loro scarcerazione sarebbe dovuta essere assicurata prima ancora che Obama accettasse di portare avanti i negoziati da cui è scaturito l'accordo volto a limitare il programma nucleare di Teheran in cambio della rimozione delle sanzioni.
L'accordo sul nucleare iraniano ha suscitato l'ira dei legislatori repubblicani, ma Obama lo ha difeso strenuamente, affermando che si trattava dell'unica alternativa alla corsa agli armamenti nucleari e a ulteriori guerre in Medio Oriente. Obama ha anche detto che qualsiasi illazione che gli americani detenuti in Iran lo lasciassero imperturbato era un'«assurdità», ma ha sostenuto che includere la loro sorte nelle trattative non avrebbe fatto altro che indebolire il potere negoziale degli Stati Uniti.
«Se la questione è perché non abbiamo vincolato i negoziati alla loro scarcerazione, pensate alla logica che ciò innescherebbe», ha detto. «Improvvisamente l'Iran si sarebbe reso conto di poter cercare di ottenere ulteriori concessioni dagli americani trattando la liberazione di quelle persone».
La moglie del pastore ha ammesso di non conoscere a sufficienza le questioni nucleari per valutare l'accordo, ma secondo lei sarebbe stato opportuno condurre negoziati paralleli per tentare di ottenere la scarcerazione di suo marito e di altri detenuti americani. Ha poi detto di riporre le proprie speranze nel Congresso, che dovrà approvare l'accordo, e che leader repubblicani e alcuni democratici hanno affermato di voler far dipendere l'approvazione da parte del Congresso dalla scarcerazione dei prigionieri americani. «È molto difficile per i miei figli. Ed è straziante per me vederli crescere senza il loro papà», ha aggiunto.
(Fonte: voce evangelica/reuters)