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Imbecilli o criminali?

Ancora su Umberto Eco e i social network

La frase di Umberto Eco sulle legioni di imbecilli che imperversano libere sui social network ha scatenato molte reazioni, anche in questa rubrica. Le reazioni sono state virali e polarizzate: Eco ha ragione, Eco ha sbagliato. Tra l’altro, non è detto che tra gli imbecilli di cui parlava il professore non ci fosse chi gli ha poi dato ragione, credendo che si riferisse ad altri. Questo perché chi sbaglia son sempre gli altri.

C’è un aspetto, però, che è stato tralasciato dalla maggior parte dei commenti, forse perché ci siamo fidati troppo dell’attenzione nell’uso delle parole da parte di Eco. Cioè, Eco avrà sbagliato il concetto, ma non le parole scelte.

Chi posta bufale è forse un imbecille? Chi contribuisce a far girare le menzogne si qualifica anch’egli come imbecille? Userei altre parole: criminale e complice.

Instillare nei genitori la paura dei vaccini è criminale. Propagare l’idea falsa che il cancro si curi assumendo acqua e limone invece di affidarsi ai pareri della scienza è criminale. Dire che i terroristi arrivano in Italia sui barconi del Mediterraneo è criminale. Mostrare foto di bambini nudi e situarli falsamente nella manifestazione del Pride a Roma è criminale. Dire che la scuola pubblica italiana insegna ai bambini a masturbarsi è criminale. Promuovere la negazione dei campi di sterminio nazisti è criminale. Dire che i Rom rapiscono i bambini è criminale. Far girare la foto di una guerrigliera curda e dire che si tratta della cooperante italiana rapita dall’Isis è criminale. Lucrare sulle sventure, capitalizzare sulle tragedie, strumentalizzare la sofferenza per colpire la parte politica (legittimamente) avversa è criminale. Promuovere in maniera “ragionevole”, ovvero costruire “prove” a sostegno del razzismo, dell’antisemitismo, dell’islamofobia, dell’omofobia e di tutto quanto da questi discende è criminale.

Chi contribuisce a far girare falsi allarmi e false notizie, cliccando su “Condividi”, negando al contempo la responsabilità di verificare minimamente le notizie — operazione che richiede solitamente meno di tre minuti — , non può godere della qualifica di imbecille, ma deve essere riconosciuto come complice di menti criminali.

“Imbecille” è una parola che giustifica. Sono imbecilli: poverini, che colpa potranno mai avere? Troppo spesso tendiamo a giustificare il lato oscuro dell’umanità, come quando i giornali definiscono “folle” l’uomo che uccide la moglie a coltellate. Sarà perché abbiamo paura di riconoscere l’umanità di chi compie un atto criminale, umanità condivisa con noi. Torna spesso per parlare di internet l’immagine del bar, nel caso di Umberto Eco di “imbecilli che prima parlavano al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare l’umanità”. Mi viene in mente un film molto duro degli anni ’80: Sotto accusa, che valse l’Oscar a Jodie Foster. La protagonista viene violentata in un bar e la procura non riesce a ottenere la condanna degli stupratori. Allora si imbastisce un processo agli avventori del bar che non avevano compiuto lo stupro, ma che lo osservavano, incitando i criminali, senza fare nulla perché il crimine non si compiesse.

Non erano “imbecilli”. Chiamiamoli col loro nome.

Foto di Chris Potter via Flickr | Licenza CC BY 2.0