A Trento, il parroco cattolico e la pastora protestante celebrano insieme
16 giugno 2015
Lidia Maggi: «abbiamo tracciato un alfabeto comune, quello della riconciliazione, che ci permetterà di superare le paure»
Fonte Adista - Voce Evangelica
Del dialogo ecumenico si parla forse meno rispetto ad altri temi considerati “caldi” in ambito ecclesiale, come la questione dei divorziati risposati, delle unioni gay o delle convivenze. Eppure il rapporto tra le chiese cristiane è una delle questioni che sotto papa Francesco molti si attendevano sarebbero state oggetto della “rivoluzione” del pontefice argentino, tanto invocata dai media quanto attesa dall’opinione pubblica laica e cattolica.
Finora, però, anche su questo fronte si è visto pochino. Specialmente in Italia, l’episcopato continua ad essere assai timido nei suoi pronunciamenti. Sul terreno della pastorale e dei gesti concreti poi, nemmeno a parlarne. Soprattutto quando in ballo c’è la cosiddetta "ospitalità eucaristica" o "intercomunione", quella pratica per cui i membri di diverse chiese cristiane condividono il pane e il vino durante la celebrazione. Peggio ancora quando si parla di “concelebrare” assieme tra pastori o presbiteri di altre chiese cristiane. Perché per la Chiesa cattolica un protestante può assistere alla messa, ma non può ricevere l'eucaristia; ed al pastore protestante, non essendo stato ordinato da un vescovo e quindi non rientrando nella successione apostolica, è vietato di concelebrare con il prete cattolico. Inoltre, la Dominus Iesus, la dichiarazione promulgata nel 2000 dall’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Joseph Ratzinger, sostiene che l’appellativo “Chiese sorelle” può essere attribuito unicamente alle chiese ortodosse. Perché le chiese figlie della Riforma, come anche quella valdese, in senso proprio non dovrebbero neppure essere definite chiese, poiché prive della successione apostolica oltre che di una «genuina ed integrale sostanza del mistero eucaristico».
In un contesto ancora così contrassegnato da rigidità e diffidenze, tocca così a singoli preti o parroci, oppure a gruppi e realtà di base, continuare a realizzare, come avviene da decenni, un ecumenismo “dal basso” che ha portato le chiese cristiane ad un confronto, a momenti di dialogo e condivisione, a pratiche liturgiche che a livello istituzionale non sono state sinora adeguatamente recepite, né accompagnate dalla riflessione teologica o dalle scelte pastorali.
L’ultimo episodio in ordine di tempo riguarda la messa concelebrata il 30 maggio scorso da don Lino Zatelli, parroco di San Carlo Borromeo, in zona Clarina a Trento Sud, e Lidia Maggi, teologa, pastora battista a Varese, da sempre impegnata nel dialogo ecumenico e interreligioso. «Chi comanda la chiesa mi ha detto di non parlare di concelebrazione, ma dire semplicemente che Lidia Maggi avrebbe assistito alla messa. Invece non solo lo dico a gran voce, ma prenderà parte anche alla comunione per un altro gesto che non mancherà di far clamore», ha detto con franchezza il parroco, all’inizio della messa. Per la curia, insomma, la presenza della pastora era possibile, ma guai a parlare di concelebrazione. A San Carlo, invece, la concelebrazione si è fatta, peraltro giunta al culmine di un comune percorso, iniziato a novembre 2014: una riscoperta delle Beatitudini evangeliche guidata da Maggi, che in sette incontri ha offerto una lettura sul ruolo delle donne nelle Scritture, soffermandosi in particolare su Maria.
Così, nella celebrazione del 30 maggio, Maggi – conosciuta e stimata da tutta la comunità – ha presenziato al rito liturgico senza che nessuno vi abbia trovato nulla di strano, svolgendo in alcune fasi il ruolo di concelebrante a fianco di don Lino. Il parroco di San Carlo ha espresso la sua grande emozione per questo evento straordinario e nella sua omelia (don Lino e Lidia Maggi si sono alternati sul pulito) ha evidenziato i molti problemi sui quali la chiesa si sta interrogando circa il ruolo delle donne, il celibato del clero, la funzione concreta del “popolo di Dio” nella vita della Chiesa. Con riferimento alla liturgia della messa, don Lino ha ricordato il valore del sacerdozio universale sancito dal Concilio Vaticano II ( la costituzione dogmatica Lumen Gentium) di cui sono investiti tutti i membri della Chiesa, affermando di essere favorevole alle donne prete, come anche al celibato opzionale per i presbiteri.
Nella sua omelia, Lidia Maggi ha parlato del soffio, lieve ma persistente, che si è avvertito in questi ultimi 50 anni: quello dello spirito ecumenico che ha permesso che il sogno di una riconciliazione tra fratelli scomunicati appartenenti a Chiese che prima nemmeno parlavano diventasse realtà. Così, i “fratelli separati” si sono scoperti “fratelli ritrovati”, in cammino verso l'unità, in cui le differenze vengono accolte senza essere demonizzate. «L'obiettivo è, dunque, quello di una comunione nella diversità», ha dichiarato la pastora Maggi. Oggi, ha detto, «facciamo parte della stessa chiesa e con questi nostri incontri, abbiamo tracciato un alfabeto comune, quello della riconciliazione, che ci permetterà di superare le paure ed è molto simbolico che questa concelebrazione col mio avvicinamento all'eucarestia, avvenga nel giorno dedicato alla SS. Trinità». Per questo, ha spiegato, «condivideremo il pane, andando oltre quelle linee di divisione che hanno contraddistinto il nostro passato».
Don Lino, visibilmente commosso, ha stretto davanti all'altare, in un lungo ed intenso abbraccio la pastora, accompagnato dall'applauso dei fedeli.