Gesù, l’acqua che disseta
05 giugno 2015
Un giorno una parola – commento a Giovanni 7, 37
Come la cerva desidera i corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio
(Salmo 42, 1)
Nell’ultimo giorno, il giorno più solenne della festa, Gesù stando in piedi esclamò: “Se qualcuno ha sete, venga a me e beva”
(Giovanni 7, 37)
L’insegnamento di Gesù si presenta con un linguaggio figurato, pieno di immagini sempre nuove. La semplicità delle parole non deve ingannarci e considerare quell’insegnamento utile solo per le persone semplici. Oggi lo studio della retorica è riservato soltanto a pochi; non capire la differenza fra un linguaggio figurato e l’altro pone immensi problemi di comprensione.
Il linguaggio figurato spesso ci sorprende. “Io sono la porta”, “io sono la via”, “io sono il pane”: queste alcune delle immagini bibliche. Se ci fermiamo al significato letterale, non comprendiamo nulla. Ma, allora, che cosa ci vogliono dire?
Nel nostro testo, Gesù dice “se qualcuno ha sete, venga a me e beva”. Gesù è forse il distributore di acqua per tutti i presenti? Ha una riserva di acqua sufficiente a dissetare le migliaia di persone presenti a Gerusalemme per la più grande festa ebraica? Indubbiamente no. Allora, prendiamo un’altra strada: parliamo della funzione dell’acqua. Si tratta di un bene non solo utile, ma necessario per la vita di ogni persona. Si resiste senza mangiare per molti giorni, ma è difficile rimanere senz’acqua a lungo. Ecco allora il significato delle parole di Gesù: come l’acqua per il corpo, le sue parole sono necessarie per il corpo, ma anche per l’integrità della persona. L’insegnamento di Gesù dà benessere all’intera persona: al suo rapporto con Dio, con se stesso, con gli altri, vicini e più lontani, con l’intero creato. Chi ha sete, risponda all’invito di Gesù.