Stage di formazione sulla gestione dei conflitti
22 maggio 2015
A cura del Movimento femminile evangelico battista. Ne parliamo con la pastora Cristina Arcidiacono
Da oggi pomeriggio fino a domenica 24 maggio si terrà presso il Centro evangelico battista di Rocca di Papa (via Vecchia di Velletri 26) lo stage di formazione, a cura del Movimento femminile evangelico battista (Mfeb), sul tema «Beate le donne che litigano (bene) perché faranno la pace». Abbiamo rivolto alcune domande alla pastora Cristina Arcidiacono, segretaria del Dipartimento di teologia dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (Ucebi), e coordinatrice del gruppo che ha preparato lo stage.
Cosa evoca il titolo dato all’incontro?
Il titolo evoca le beatitudini, punto di riferimento per ogni credente, che parlano di felicità e benedizione. In generale viviamo nell’idea che il conflitto sia qualcosa da evitare perché lo confondiamo con la guerra, l’aggressività, la rabbia. L’obiettivo dello stage di formazione sarà quello di “stare” nei nostri conflitti, provare a guardarli, a leggerli, interpretarli e a riconoscere i nostri “stili conflittuali. Inoltre, parleremo della comunicazione nonviolenta, che non è aggressiva, rabbiosa, offensiva, ma che esplicita il problema.
Sul tema dei conflitti cosa dicono le Scritture?
Cominceremo lo stage con uno studio biblico - tratto dal libro di Daniel Buttry, consulente internazionale nell’area della trasformazione dei conflitti, che è stato tradotto in italiano dal Dipartimento delle chiese internazionali dell’Ucebi - sul conflitto come luogo sacro, a partire dalla vocazione di Mosè nel libro dell’Esodo. Mosè è un ebreo, salvato dalla morte, cresciuto come egiziano, che ha ucciso un uomo, che scappa via e che, in un momento difficile, altamente conflittuale della sua vita, riceve la chiamata di Dio. Dallo studio del testo biblico emergerà che proprio le zone di disagio sono quelle in cui possiamo imparare qualcosa su noi stessi, sugli altri, e in cui possiamo anche essere trasformati da Dio.
Che ricaduta possono avere queste riflessioni nelle chiese locali?
Io spero che le donne che parteciperanno allo stage, una volta tornate nelle proprie chiese, possano essere tanti piccoli semi. Le nostre chiese vivono a volte conflitti che si risolvono in vere e proprie separazioni. Dobbiamo invece formarci e prepararci a negoziare, parola che significa “negare l’ozio”, perché la gestione e la soluzione di un conflitto necessitano di molto tempo, di fatica, di lavoro su di sé, con gli altri, e a volte anche della perdita di qualcosa.
Spero che le chiese nelle quali le sorelle torneranno possano essere dei laboratori di gestione dei conflitti, dove si vive il conflitto come la possibilità che Dio ci dà per conoscerci meglio e per agire in vista del cambiamento e della pace. Quest’ultima non è assenza di conflitto ma integrazione delle diversità in nome di un interesse comune, che per noi è l’annuncio dell’Evangelo.
Foto: Graffiti, di Eisenmenger, Licenza: CC0 Public Domai, via Pixabay