Detrazione della resistenza, come detrazione del pensare
24 aprile 2015
A settant’anni dalla Liberazione, la riflessione di Calamandrei resta attuale
La poesia Ora e sempre Resistenza di Piero Calamandrei coglie un nucleo essenziale della Resistenza. Al camerata Kesserling che chiedeva gli fosse eretto un monumento per la condotta irreprensibile tenuta nei confronti della popolazione italiana durante i mesi di occupazione, Calamandrei rispondeva che, certo, gli italiani il monumento glielo avrebbero costruito, non «coi sassi affumicati / dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio», ma «con la roccia di questo patto / giurato fra uomini liberi / che volontari si adunarono / per dignità e non per odio (…) morti e vivi con lo stesso impegno / popolo serrato intorno al monumento / che si chiama / ora e sempre / resistenza».
A settant’anni da quella data, una domanda interroga le coscienze, nel senso che va a cercarle con la luce della ragione, senza più la certezza di trovarle.
La domanda è portata dal significato del re-sistere, che se è un far testa, fermare, fronteggiare, questo è certamente anche nel senso del reggere, del durare. Le medesime caratteristiche ha l’idea. Il resistere si connòta come quell’azione storica precisata in uno stare pensante. Pensare per resistere, resistere per pensare – si potrebbe dire con uno slogan. Proprio la storia del 25 aprile ha insegnato che non viene alcuna novità - civile - senza idea e senza l’azione che è lo stare pensante. Quest’azione pro-duce e porta avanti ciò che il re-sistere è in prima accezione: l’opporre faccia e forza. Qui si mostra tutto lo spessore della proposizione di Calamandrei che indica il senso evolutivo della resistenza non nell’odio - come opposizione naturale del sistere, del fermare - ma nella dignità di quello stare pensante di un popolo che ora stringe un patto per la costruzione morale e materiale italiana (B. Croce). La resistenza non è una memoria monumentale, come la chiama Nietzsche, capace solo di innalzare fastosi mausolei. Il mausoleo della civiltà non è una pietra, annualmente adornata di “sacri” allori, ma una cittadinanza pensante, perciò resistente. E oggi, pensante-resistente il concetto di comunità, di confine nazionale, di partecipazione, di responsabilità e di libertà, di diritti e di doveri. Su questi piani si esercita l’azione, che è il pensare civile, democratico e repubblicano. Il 25 aprile significa che è possibile pensare e ripensare il patto civile. Oggi occorre farlo, e se la “sinistra al caviale” dell’Italia contemporanea mostra di non comprendere questa necessità e, della Resistenza e della Costituzione, gli antichi detrattori hanno invece compreso l’intima dinamicità, le polemiche di questi ultimi sarebbero ancor più pericolose, perché mirerebbero a colpire il cuore di ogni agire politico: le idee, la cultura, il confronto sui valori condivisi. Mirerebbero a colpire la resistenza che è il pensare o, almeno, il pensare civile.