Dopo Berlusconi, lo sfondo che rimane
15 giugno 2023
La politica non riesce darsi strumenti adeguati ad affrontare i problemi sociali
A quanto dicono le cronache, il silenzio e il raccoglimento all'interno del Duomo di Milano risaltavano per contrasto rispetto ai cori e applausi che si sarebbero levati nella piazza antistante. Il funerale di Silvio Berlusconi è stato una ulteriore prova che dimensioni diverse convivono nella politica e anche nel costume, portando con sé tanto gli entusiasti quanto coloro che si scandalizzano. Ciò avviene da sempre, ma certo la personalità del Cavaliere ha reso molto più visibile il fenomeno. Dividersi sulla politica fa parte del gioco: per alcuni decenni in Italia le divisioni c'erano, e pesanti, e in una stagione troppo lunga si sono espresse nella violenza, ma al tempo stesso erano “mediate” da un sistema istituzionale che all'occorrenza consentiva di sfumare le contrapposizioni.
Le elezioni politiche del 1994, prima tornata con il sistema maggioritario, con cui si è affermato il Berlusconi politico, hanno segnato una svolta, ma il cambiamento si era prodotto prima. Dopo la lunga stagione che produsse importanti conquiste civili (la legislazione sulla famiglia, il Servizio sanitario pubblico, lo Statuto dei lavoratori), ci furono sconfitte per la sinistra, non solo in Italia (l'ottobre 1980 della Fiat, i minatori in Inghilterra pochi anni dopo); uno scenario internazionale che vedeva approssimarsi il crollo dei regimi comunisti, il caso Moro, il logoramento delle Istituzioni che sarebbe esploso con Tangentopoli.
Gli orizzonti comuni della solidarietà e l'impegno per rafforzare i legami sociali sono venuti meno, e le aspirazioni si sono via via ritirate in una dimensione sempre più individuale. Una situazione che perdura ancora oggi e che trova risposte politiche sempre più parcellizzate. Semplificando molto, a destra si tende a svincolare l'iniziativa imprenditoriale da “lacci e lacciuoli”, a ridurre la presenza pubblica nei servizi essenziali, facendo leva sul ricorso al “privato”, in nome della libertà di scelta (per esempio nella scuola). A sinistra la libertà di scelta si orientava, e si orienta, nelle scelte nel campo etico, dalla sessualità al fine vita.
Si sono persi di vista grandi obiettivi di trasformazione sociale, ma si è smarrito anche il procedere lento e pacato del riformismo. E soprattutto si è fatta strada l'idea che il rapporto tra la politica e il cittadino possa “saltare” le mediazioni tecniche, dialettiche, culturali. Il leader di partito (partiti che nel mentre avevano cominciato a cambiare fisionomia) si rivolge direttamente al cittadino o cittadina, prospettandogli non solo soluzioni concrete ai problemi ma anche la possibilità di vedere realizzati i propri sogni. Ma, appunto, senza mediazioni. Dopo Berlusconi, Grillo. Il processo culturale e antropologico, prima che politico, era irreversibile. C'è chi l'ha capito subito e ha messo in pratica disinvoltamente la propria politica, condita a volte con esternazioni di cattivo gusto. Altri hanno stentato a capirlo e stentano a immaginare nuove strade.
Questa temperie culturale è ancora ben viva, non si è chiusa ieri, e concorre a spingere ognuno sempre di più nel suo privato. Salvo votare ogni tanto (ma sempre meno numerosi sono i votanti). Non può bastare, la politica e la democrazia non si possono ridurre al momento elettorale ma devono prevedere il faticoso lavoro di collaborare con colleghi del proprio campo e con quelli di quello avverso, per delle finalità che siano di nuovo quelle di una collettività. Non possono essere quelle del solo privato, non si può rinunciare a sviluppare un'idea di cultura, anche se è sempre più facile, per ognuno e ognuna di noi, provvedere con la tecnologia a farcela da sé. Altri non hanno gli strumenti per farlo, gli abbandoni scolastici lo indicano drammaticamente.
E le chiese? Dovranno pensare con molta attenzione a questo contrasto fra il silenzio del raccoglimento di fronte a Dio e i cori della piazza. Il problema non è la persona di cui si è fatto il funerale. Il problema è non rinchiudere Dio fra le mura di chiese e templi, ma cercare di annunciare con coraggio il suo messaggio di ravvedimento e di liberazione. Pensando a tutti e a tutte nelle loro vie concrete e condivise.