Testimone della Parola nel mondo
09 aprile 2015
Un giorno una parola – commento a II Tessalonicesi 2, 16-1
Mi raggiunga la tua bontà, o Signore, e salvami, secondo la tua parola
(Salmo 119, 41)
Lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio nostro Padre, che ci ha amati e ci ha dato per la sua grazia una consolazione eterna e una buona speranza, consoli i vostri cuori e vi confermi in ogni opera buona e in ogni buona parola
(II Tessalonicesi 2, 16-17)
Una preghiera d’intercessione. L’autore, che si presenta come l’apostolo Paolo, prega il Signore Gesù Cristo e Dio nostro Padre affinché intervengano per mantenere vivo nella comunità di Tessalonica quell’impegno operoso che aveva raccomandato nel versetto precedente e cioè: rimanere saldi nella fede e mantenere l’insegnamento appreso malgrado l’intensificarsi delle persecuzioni.
La preghiera poggia sulla certezza di sapersi amati da Dio e beneficiari della sua grazia di cui i Tessalonicesi hanno già fatto esperienza attraverso una consolazione eterna e una buona speranza. Si chiede conforto per il cuore e forza per poter continuare a compiere e dire ciò che è buono e quindi conforme all’evangelo. Non è forse questo, quello di cui i cristiani hanno bisogno anche oggi? Il compito della Chiesa di essere testimone nel mondo della Parola che è chiamata ad annunciare, va sostenuto con la preghiera come richiesta non solo di essere fautori della volontà di Dio, ma anche di essere conformi alla sua modalità di agire.