La scuola di italiano della Consulta delle chiese evangeliche del territorio romano
23 novembre 2022
Ne parliamo con Maria Annunziata Mallus e Aldo Visco Gilardi
Il 27 ottobre si è tenuto a Bologna un incontro organizzato dalla Diaconia valdese sulle scuole di italiano per stranieri, con un utile confronto fra diversi approcci e metodologie (in presenza/online; docenti volontari/docenti a pagamento). Tra gli intervenuti, Maria Annunziata Mallus e Aldo Visco Gilardi, della scuola della Consulta delle chiese evangeliche del Territorio romano.
Abbiamo chiesto loro di raccontarci questa realtà, che ha le sue radici negli anni Ottanta, con il passaggio della gestione dei progetti per i rifugiati, dal Consiglio ecumenico delle chiese alle chiese italiane. Le prime iniziative spontanee furono quelle dell’Ywca, insieme alle chiese metodista e valdese, con assistenza per le questioni burocratiche e ospitalità e i primi corsi di italiano.
La fase successiva è stata con il Servizio rifugiati e migranti della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei) e infine l’affidamento alla Consulta delle chiese del territorio romano, nata nel 2010, che oltre alla scuola gestisce uno sportello di assistenza (formazione, inserimenti lavorativi, soluzioni abitative…).
Da cinque anni Titti Mallus, della chiesa battista di Trastevere e membro del direttivo della Consulta, coordina la scuola dopo aver preso il testimone da Annapaola Comba, valdese, che l’ha guidata per più di 10 anni.
Mallus ci spiega che «attualmente ci sono 4 corsi, dall’A0 al B1 e la sede è in via Firenze, dove teniamo lezione tre volte a settimana, per due ore; gli studenti sono adulti, una cinquantina, mentre la chiesa battista di Centocelle si è orientata sui minori e donne, facendo anche attività di doposcuola».
Spiega inoltre che gli insegnanti, circa 25, sono volontari: inizialmente quasi tutti venivano dalle comunità, oggi ci sono anche persone esterne, che mettono a disposizione competenze o semplicemente il loro tempo. Diversi infatti sono pensionati, ma non tutti sono insegnanti di professione.
Tutti però si sono messi in gioco durante la pandemia, permettendo di proseguire le lezioni online, e questo è stato importante anche considerando che la scuola, grazie alla Rete Scuole migranti di cui è parte, è accreditata con l’Università per stranieri di Perugia, ed è quindi sede di esame.
La pandemia ha portato un cambiamento di utenza, nota ancora Mallus: oggi ci sono molti studenti in Dad, specie badanti, che richiedono i corsi soprattutto per il permesso di soggiorno, e tra quelli in presenza quasi tutti sono studenti universitari, che seguono il corso per i crediti formativi, oltre che per inserirsi meglio nel tessuto italiano (a tal fine, accanto all’insegnamento in classe vengono proposte passeggiate didattiche, per conoscere meglio le istituzioni o il patrimonio storico e architettonico italiano). Provengono da molti paesi, dal Maghreb, Romania, America Latina, Iran, Arabia Saudita….
Uno degli aspetti più belli è il rapporto personale, di fiducia, che si stabilisce, come spiega Aldo Visco Gilardi: «Cerchiamo di coinvolgerli tutti, anche se hanno diversi gradi di conoscenza della lingua, stimolando quelli più in difficoltà, facendo capire ai più “esperti” che l’obiettivo è arrivare a un livello comune di comprensione ed espressione.
Un aspetto molto positivo è che restano affezionati, ci contattano anche dopo anni con messaggi o visite, o chiedendoci aiuto se hanno problemi, che siano burocratici o familiari».
In questo rientra anche il rispetto delle reciproche differenze, spiegano entrambi: «Noi non facciamo proselitismo: non nascondiamo chi siamo e perché lo facciamo, ma sottolineiamo la laicità del nostro insegnamento. Discutiamo ponendo a confronto i diversi punti di vista, dando loro la possibilità di esprimere un’opinione, anche critica, cosa che spesso non possono fare nei loro paesi, e questo è arricchente per tutti. Talvolta si tratta anche di superare le loro paure di essere spiati e quindi denunciati per critiche verso il loro Paese».
Tutto questo lavoro è un investimento per il futuro: ma gli studenti vogliono restare in Italia? «Non tutti, ma alcuni sì – conclude Mallus – e in tal caso cerchiamo di aiutarli a inserirsi meglio nel tessuto sociale. Un vincolo è quello economico, molti beneficiano di borse di studio, la questione è poi trovare lavoro e potersi mantenere».