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«Il futuro dei Rom non è sui nostri marciapiedi»

Mediatore con la comunità rom a Losanna, il sergente di polizia in pensione Gilbert Glassey è il filo rosso del film documentario «L’oasis des mendiants». Intervista

Che effetto le fa diventare una star del cinema?

«Non sono io a essere messo in risalto nel film L’oasis des mendiants. È piuttosto la situazione della comunità rom a Losanna. Tutti possono vederli di giorno sui marciapiedi. Il film fa scoprire qual è la loro vita quotidiana».

Nel documentario lei tiene il suo ruolo di sergente della polizia di Losanna. Il film dà una visione obiettiva?

«Sì, dà una visione delle condizioni che queste persone incontrano nel quotidiano. Mostra anche il lavoro della polizia e delle autorità. Non segue soltanto il mio ruolo di mediatore, di intermediario tra le famiglie di diverse origini e con le autorità».

La popolazione di Losanna fa fatica a tollerare che ci sia gente che passa le proprie giornate a mendicare in città. Questo la stupisce?

«Non sono stupito che la gente reagisca in questo modo. L’accattonaggio a Losanna è relativamente nuovo. Le persone si interrogano sull'evoluzione delle cose. Alcune famiglie si mostrano generose, rispondono a una sollecitazione per pagare un debito o per iniziare un progetto in Romania. Ora, due settimane più tardi, li vedono di nuovo qui, nonostante un aiuto ammontante a migliaia di franchi. Certi immaginavano una relazione di fiducia con l’idea di toglierli dalla strada, e se ne pentono».

Non c’è un conflitto culturale con i Rom, in un paese come la Svizzera, che dà un'importanza così grande al lavoro, e anche alla scolarizzazione?

«Vedere un giovane di 22 anni in piena salute seduto senza far niente davanti a un negozio non fa una buona impressione. Si pensa che potrebbe fare altro. Il loro rapporto con il lavoro è diverso dal nostro. La scuola è obbligatoria in Romania, ma pochi bambini Rom seguono una istruzione completa. Molti si ritirano dopo due o tre anni. Un altro conflitto culturale è l’implicazione dei bambini nell’accattonaggio. Una pratica che fortunatamente abbiamo potuto sradicare».

È facile far rispettare l’ordine pur rimanendo umani?

«Sì, bisogna essere pazienti, più di loro. Si può fare rispettare il regolamento, senza abusi. C’è un miglioramento, fanno degli sforzi per poter restare qui. Ma è un argomento molto difficile per i commercianti e i politici. Un'iniziativa popolare mira a vietare l’accattonaggio in tutto il cantone. Anche la popolazione si preoccupa. Lanciate la conversazione sull’argomento durante una cena, ognuno avrà la sua soluzione».

Da dove viene il suo interesse per questa comunità?

«Conosco la Romania dal 1990, dopo la caduta di Ceausescu. Sono andato a portare del materiale da costruzione per un orfanatrofio nella città di Gherla. Poi con alcuni amici ho fondato un'associazione di aiuto alla Romania. Siamo presenti da oltre venti anni e abbiamo un tasso di riuscita elevato. Tutti conoscono i nostri requisiti. Aiutiamo in particolare una scuola dove i rom sono accettati, cosa che non succede dappertutto... I responsabili mettono a disposizione un bus scolastico, offrono uno spuntino ai bambini al mattino, assicurano un sostegno per i compiti dopo la scuola… Tali incentivi dovrebbero essere generalizzati».

E noi, che cosa possiamo fare?

«Due franchi, solo per un giorno. I Rom si lamentano di non guadagnare molto, in media tra i 7 e i 20 franchi. Non è con questo tipo di risorse che si può andare avanti. Organizzazioni come Terre des hommes sono presenti laggiù da tanto tempo, con dei progetti che vanno avanti. In particolare un progetto di scolarizzazione in 164 comuni. Formano degli assistenti sociali e degli educatori, allestiscono delle mense scolastiche, per aiutare le persone a restare a casa loro»

La sua fede ha un ruolo nel suo impegno?

«Certamente. La mia educazione cristiana ha avuto un ruolo in questo approccio di aiuto al prossimo. I Rom sono abbastanza credenti. Per esempio, se dico: “Spostatevi, perché lì, non potete stare”, mi rispondono: “Dio vede quello che lei fa, sente quello che lei mi dice”. Sono presenti alla chiesa Saint-laurent, che ha trovato una buona soluzione: invitarne parecchi a un piccolo pasto nella sala parrocchiale dopo il culto»

Tutti si pongono la domanda: «bisogna dare?»

«Bisogna privilegiare le associazioni sul posto, che lavorano laggiù. L’avvenire dei Rom non è su un marciapiede di Losanna. Si vedono a volte a Losanna dei Rom di terza generazione». (Protestinfo)

(Traduzione dal francese di Lucilla Tron)

Foto "Lausanne img 0585" di Rama - Opera propria. Con licenza CC BY-SA 2.0 fr tramite Wikimedia Commons.