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Aids: ogni ora muoiono undici bambini

Ogni ora undici bambini di età inferiore ai quindici anni muoiono di Aids. L’appello delle comunità di fede: «è necessario intervenire»

«Per i bambini che vivono i disagi causati dall’Hiv ogni disuguaglianza dev’essere scardinata, affrontata e sconfitta», così i leader delle fedi mondiali in occasione di una riunione interreligiosa tenutasi in concomitanza con la 77a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. L’incontro ecumenico e interreligioso ha messo in luce un’urgente necessità: affrontare e risolvere al più presto le lacune politiche e legislative che ancora pongono ostacoli e creano disuguaglianze nei servizi per l’Hiv dedicati ai bambini.

Iniziato e terminato l’incontro con un momento dedicato alla preghiera, le comunità cristiane, musulmane, ebraiche, baháʼí e buddiste si sono nuovamente unite. «Sono lieta che sia emerso questo senso di appartenenza comune nella dichiarazione d’urgenza contro le disuguaglianze legate all’Hiv», ha affermato Gracia Ross, dirigente del programma per le iniziative ecumeniche per l’Hiv/Aids e del programma di advocacy del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec). «Per molti governi l’Hiv, purtroppo, è fuori dall’agenda politica».

Problemi di salute mentale e povertà, «esacerbano particolarmente le ingiustizie sui bambini contagiati da Hiv. Dobbiamo vigilare e porre rimedio alle disuguaglianze», ha esortato Ross.

Winnie Byanyima, direttore esecutivo dell’Unadis, ha invece proposto un discorso programmatico intitolato: «Le comunità di fede fanno rete per rispondere in modo unitario all’Hiv - Communities of Faiths Breakfast Building Partnerships for a One-Community HIV Response. «Le cifre sono scioccanti - afferma il direttore -, il numero di bambini che non riesce a difendersi dalle disuguaglianze è altissimo, sono proprio loro ad aver più bisogno di servizi dedicati - ha proseguito Byanyima -. Ogni ora 11 bambini di età inferiore ai 15 anni muoiono di Aids».

Byanyima crede che se i gruppi religiosi e i responsabili politici saranno in grado di continuare a lavorare insieme «potranno porre fine a questa tragica marea di morti e di sofferenza. Lepartnership religiose sono una chiave e una risposta per prevenire nuove possibili infezioni e per trattare le persone che vivono con l’Hiv con cura amorevole: proteggendole, accudendole, curandole nello spirito, oltre a garantire loro le necessarie medicine. Premura e compassione sono dunque alla base dell’agire delle comunità di fede», ha concluso.

I gruppi religiosi, infatti, «ascoltano i bisogni delle persone in modo differente; una capacità che altre esperienze non sono in grado di esercitare».

Chip Lyons, presidente e Ceo della Elizabeth Glaser Pediatric Aids Foundation, ha esortato poi le persone a «non dimenticare mai la questione infantile, quando si parla di Hiv e Aids».  Infine, l’ambasciatore John Nkengasong, che sovrintende al Piano di emergenza del presidente degli Stati Uniti per il soccorso contro l'Aids (Pepfar) ha delineato l’impegno della sua struttura, «Il Pepfar - ha detto - è orgoglioso di classificarsi come uno dei programmi capace di normalizzare e appianare le disuguaglianze, specialmente quando queste toccano i bambini. Negli ultimi due anni siamo stati in grado di prevenire l’infezione di 5,5 milioni di bambini. 5,5 milioni di bambini nati liberi dall’Aids. E tra i protagonisti di questa piccola vittoria possiamo orgogliosamente includere le comunità di fede».