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Gioia completa

Un giorno una parola – commento a Giovanni 16, 24

Nel giorno che io ti ho invocato ti sei avvicinato; tu hai detto: «Non temere!»
Lamentazioni 3, 57

Chiedete e riceverete affinché la vostra gioia sia completa
Giovanni 16, 24

È difficile comprendere il senso di questo invito se non si tiene conto del contesto, a cominciare dalla prima parte del v. 24, che suona così: «Fino ad ora non avete chiesto nulla nel mio nome». Il contesto è quello dei discorsi d’addio, e il riferimento temporale è al periodo post-pasquale: certo, ora l’imminente morte di Gesù, la sua risurrezione e il suo ritorno al Padre priveranno i discepoli della sua presenza, ma la venuta dello Spirito cambierà la loro tristezza in gioia.

Non solo la venuta dello Spirito assicurerà loro la presenza di Cristo e della sua parola, ma cambierà la relazione con Dio stesso: «La svolta pasquale consente infatti al discepolo di accedere ad un nuovo rapporto con Dio, nella misura in cui è ormai partecipe del rapporto di prossimità che unisce Cristo a Dio. La fiducia incrollabile che Cristo aveva nell’amore e nella sollecitudine del Padre durante il suo ministero terreno diventa tale anche per il credente post-pasquale». La prima parte del v. 24 «conferma che si tratta appunto di un privilegio post-pasquale: durante l’epoca precedente la Pasqua il discepolo non era mai stato chiamato a invocare Dio nel nome di Cristo».

La seconda parte del versetto «mette in relazione la gioia del discepolo con la certezza dell’esaudimento: appunto perché al discepolo è assicurata la sollecitudine divina e poiché la sua esistenza è posta sotto il segno di tale promessa, la sua gioia è fondata e certa» (Jean Zumstein, Il Vangelo secondo Giovanni, volume 2, Torino, Claudiana 2017, pp. 764-765).

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