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Dio custodisce il deposito della fede che è in noi

Un giorno una parola – commento a II Timoteo 1, 12

L’anima mia si lega a te per seguirti; la tua destra mi sostiene
Salmo 63, 8

Paolo scrive: «So in chi ho creduto, e sono convinto che egli ha il potere di custodire il mio deposito fino quel giorno»
II Timoteo 1, 12

So in chi ho creduto, e sono convinto che egli ha il potere di custodire il mio deposito fino quel giorno: questo versetto, dal fortissimo impatto emotivo, proprio per questo motivo si trovava spesso incorniciato sui muri nelle case dei credenti quando si usava appendere al muro i versetti della Scrittura stampati su pergamena in caratteri gotici. Qualcuno se li ricorderà.

Si tratta di una testimonianza personale, una confessione di fede, una espressione della natura della fede evangelica. Ispira non solo la fedeltà, ma anche la saggezza, la forza, il carattere del o della credente. Sembra il testamento di fede di chi si accinge a congedarsi.

Questo versetto esprime una cosa molto semplice, ovvero la convinzione che il Signore ha il potere di custodire, fino alla risurrezione, il deposito della fede che è in noi. Si potrebbe temere che la morte disperda questo deposito, ma la fiducia in chi si è conosciuto, disperde invece il timore.

La parola “deposito” è quella che mi intriga di più, perché dà l’idea di qualcosa che si accumula, di qualcosa che ha bisogno di alcune condizioni perché si produca, di qualcosa che ha bisogno del tempo per sedimentarsi, di qualcosa che cresce perché viene continuamente alimentato. Non è «il mio tessoro» che Gollum, ne Il Signore degli anelli, liscia, che non si è guadagnato e che non viene accresciuto, ma è «la perla di gran valore» per la quale ci si è sbarazzati di tutto il resto e si è sopportato onta e afflizione. Ma onta e afflizione non indicano né disonore né fallimento quando il Vangelo è coinvolto, perché il Vangelo riguarda il potere di Dio di portare la vita dalla morte. Quel potere, messo in atto in Cristo Gesù, riconfigura le nostre prospettive sull’angoscia e sull’umiliazione che accompagnano la nostra fede.

La fiducia in Colui che abbiamo conosciuto va oltre la vergogna e la sofferenza.

 

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