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La speranza radicata in Gesù Cristo

Un giorno una parola – commento a Colossesi 1, 23 

Cantate al Signore un cantico nuovo, cantate le sue lodi all’estremità della terra 
Isaia 42, 10

Non vi lasciate smuovere dalla speranza dal vangelo che avete ascoltato, il quale è stato predicato a ogni creatura sotto il cielo 
Colossesi 1, 23 

In questi giorni in cui abbiamo celebrato la liberazione dalla II Guerra mondiale in Europa, viviamo di nuovo sotto la minaccia delle armi. E anche la crisi climatica ci ricorda che viviamo in un mondo sotto minaccia. Eppure, la parola biblica mette davanti a noi la speranza. La speranza in noi deve essere come un albero ben radicato: arrivano tempeste forti, ma l’albero rimane in piedi.

La speranza ha bisogno di radici, radici radicate in Gesù Cristo, il quale ha sconfitto la morte. L’abbiamo celebrato a Pasqua poche settimane fa. La speranza è di continuo sotto pressione. I fatti del giorno la sembrano erodere, ogni giorno di nuovo. La nostra situazione è come quel giardino di un famoso racconto. Una persona vede che ci deve essere un giardiniere perché ci sono dei bei fiori, un’altra invece dice che non c’è perché vede l’erbaccia. Possiamo dire che viviamo fra il D-Day e il V-Day, fra il giorno della decisione e il giorno della vittoria. Quando le truppe alleate sbarcarono sulle spiagge in Normandia era chiaro che sarebbe arrivata la vittoria, ma ci volle quasi un anno per la fine della guerra. 

Anche noi viviamo in questa tensione, la vittoria è stata annunciata, ma non compiuta ancora, il famoso già e non ancora. In questo arco di tempo è importante non allontanarsi dalla speranza radicata in Cristo. Viviamo in mezzo a tante domande, ma non portano sconforto, abbiamo tante preoccupazioni, ma non portano paura. Abbiamo tanti problemi, ma non ci portano alla disperazione. La nostra fede in Gesù Cristo ci dà sostegno, conforto, incoraggiamento, in una parola: speranza, una speranza ben radicata in Lui.

 

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