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Memoria della Resistenza e passione civile

Man mano che perdiamo i “testimoni diretti” è importante che il loro lascito sia non solo ricordo di eventi tragici ma anche parola di vita

«Ci sono cose da non fare mai, né di giorno né di notte, né per mare né per terra: per esempio, la guerra» scriveva Gianni Rodari che pensava che l’immaginazione generata dalla lettura dei libri rendesse liberi e che i libri fossero le uniche armi per costruire ponti di dialogo, in un esercizio continuo di convivenza democratica che si alimenta dello scambio tra diversi.

Perché riscoprire Rodari in questi giorni? Intanto perché la sua filastrocca La luna di Kiev, scritta nel 1955 come inno alla fratellanza tra i popoli, è stata riproposta poco dopo lo scoppio della guerra in Ucraina ed è diventata virale: i social network hanno favorito una condivisione potente per trovare le parole giuste, per schierarsi a fianco di un popolo aggredito e per creare un clima di accoglienza verso i profughi che fuggono dalla violenza. Allora come oggi, è importante affermare quanto orrore faccia la guerra con i suoi crimini e di quanta speranza ci sia bisogno per alzare lo sguardo e affermare che i raggi di luna «viaggiano senza passaporto». Allora si era da poco usciti dalla Seconda guerra mondiale, si era in piena guerra fredda e l’idea di un Parlamento europeo andava delineandosi con le prime elezioni dirette solo nel 1979. Non è un caso che la presidente del Parlamento europeo stesso Roberta Metsola sia stata la prima alta carica dell’Unione ad andare a Kiev all’inizio di aprile, quando la città era ancora sotto i bombardamenti, per chiedere la pace e un negoziato diplomatico. Che per ora è improbabile, considerato il “genocidio culturale” in corso, stando alla definizione di Michael Walzer, che ha anche conseguenze sulla crisi alimentare mondiale e sulla catastrofe ambientale, con ripercussioni sui diritti umani e sulla democrazia.

La generazione attiva nella Resistenza ha voluto che in Costituzione l’art. 11 ripudiasse la guerra, consapevole delle sue conseguenze nel tempo, con il carico di dolore che non finisce al termine dei combattimenti di quella che fu anche una guerra civile. Il ricordo è un peso personale di cui è difficile parlare se non forse tra nonni e nipoti, quando l’urgenza della testimonianza – e la distanza temporale dai fatti accaduti – consente quella rimemorazione che, facendosi memoria attiva, non si ferma al dolore e allo strazio, ma diventa parola di vita e di resistenza, capace di una narrazione che ricostruisce un futuro democratico. Il ciclo della violenza, che inspiegabilmente si ripropone sotto altre forme, talvolta impedisce alle persone di riconoscersi nella relazione con l’altro, rappresentando una forma di schiavitù da cui occorre liberarsi.

Mentre facciamo memoria della Festa della Liberazione in questo 25 aprile, proviamo a chiederci quanto sia importante alimentare la passione civile proprio quando i testimoni diretti se ne stanno andando e i valori della Resistenza, avventura minoritaria e collettiva, vengono attaccati e sviliti da discorsi sovranisti e populisti che manipolano i fatti e abusano della storia che sembra essere tornata un campo di battaglia, con fake news che fomentano discorsi d’odio contro le minoranze. 

Partendo dai luoghi comuni, occorre invece comprendere come mai essi siano così diffusi nel discorso pubblico. Una serie intitolata «Fact checking – la storia alla prova dei fatti», curata dallo storico Carlo Greppi per Laterza, è un esempio di come si possa raccontare ai più giovani il senso di un impegno civile che nasce dalla Resistenza e arriva ai giorni nostri. Alcuni titoli “provocatori”, che smontano altrettanti luoghi comuni ma che aiutano a capire: L’antifascismo non serve più a niente di Carlo Greppi, Anche i partigiani però… di Chiara Colombini, Il fascismo è finito il 25 aprile 1945 di Mimmo Franzinelli. Leggere questi libri è un buon modo di passare insieme questo 25 aprile, calandosi in quella realtà dura e drammatica ma anche piena di speranza che fu la guerra di liberazione. E per i più piccoli, La luna di Kiev, con le illustrazioni di Beatrice Alemagna, ripubblicato da Einaudi, è anche una raccolta fondi della Croce Rossa italiana per l’Emergenza Ucraina. Riflettere sul presente attraversato da una guerra nel cuore dell’Europa e, al tempo stesso, riaffermare il valore storico della Liberazione, su cui si basa ancora oggi la convivenza democratica, è l’unico antidoto all’intolleranza verso chi è diverso.

 

 

Foto di Pino

 

 

 

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