La parola del Signore e le nostre parole
29 marzo 2022
Un giorno una parola – commento a Numeri 23, 12
Non devo forse stare attento a dire soltanto ciò che il Signore mi mette in bocca?
Numeri 23, 12
Quanto a noi, non possiamo non parlare delle cose che abbiamo viste e udite
Atti degli apostoli 4, 20
In questo testo parla Balaam, il veggente moabita pagato da Balak, suo re, per maledire Israele. Il racconto è deliziosamente fiabesco. Dio avverte una volta Balaam di non “maledire” il suo popolo; dunque, vi è il divieto di usare le parole come strumento magico che “dicendo” il male lo attiri sull’avversario. Oggi sappiamo molto bene come funzionava nel mondo antico la credenza nella potenza mistica delle parole per causare il male, prevenirlo o evitarlo. Sarà poi l’asina che con le “sue parole” fermerà le formule di maledizione di Balaam trasformandole in formule di benedizione; paradosso dei paradossi, l’animale irrazionale, senza parola, sarà l’unico a riconoscere la presenza dell’angelo del Signore e a ripetere il divieto divino di maledire il nemico. Balak chiederà allora spiegazioni di perché la maledizione comprata da lui e dai principi moabiti e madianiti si sia trasformata invece in parole di benedizione sulle labbra dell’indovino.
La formula usata ora da Balaam è semplice ma efficace e definirà il rapporto del veggente con la parola divina. Come si rapportano le nostre parole umane adombrate tra le due possibilità del dire e dell’esistere tra la vita e la morte, il peccato e la grazia? Come possono le nostre parole umane “contenere” in esse la davar divina, il divino parlare creatore? Non usciamo dai tentativi maldestri che ci propongono alcune teologie sull’ispirazione poco ispirate. Ecco il problema con il nostro testo, il verbo ysym dobbiamo tradurlo ha messo (immesso), nel senso di introdurre, dettare o ha posto nel senso che insieme con le mie parole vi sarà la parola del Signore? Nell’originale l’ordine del dire è invertito rispetto la traduzione. Dio “pone” le sue parole sulla nostra bocca, poi noi dobbiamo “dirle” con le nostre parole sapendo che Dio è Colui che muta la maledizione in benedizione. Non vi è altra possibilità, le parole del Signore vengono a noi e devono essere dette impigliate nelle nostre parole.