Non un segno divino, ma un’opportunità per lo studio
19 marzo 2015
L’eclisse parziale di domani e la sua visibilità in Italia
Quasi tutti sono d’accordo sul fatto che la Terra giri intorno al Sole e la Luna intorno alla Terra. Càpita così ogni tanto che la Luna passi davanti al Sole, proiettando la sua ombra sulla Terra. È il fenomeno che chiamiamo eclisse di Sole. Dovrebbe essercene una al mese circa, ma questo non succede, perché i piani delle orbite della Terra (Eclittica) e della Luna non sono perfettamente allineati; per cui il fenomeno avviene più di rado. Non si può vedere da qualunque luogo sulla Terra (dipende da dove si proietta l’ombra), e in genere un’eclisse totale può essere vista solo da particolari regioni. Questa volta tocca alla zona del circolo polare artico.
Chi non può spostarsi domani mattina dall’Italia potrà vedere (sempre che faccia bel tempo) un’eclisse parziale, cioè la Luna non oscurerà completamente il Sole ma arriverà al massimo ai due terzi circa, cominciando verso le 9,20 e finendo alle 11,40. Occorre in ogni caso dotarsi degli strumenti adatti (occhiali speciali, NON quelli da sole, o filtri solari appositi): in caso contrario si rischiano gravi danni agli occhi e cecità definitiva.
Un tempo le eclissi, come molti altri fenomeni astronomici, erano interpretate come un segno di calamità future ed erano considerate foriere di sventura, un mezzo con cui gli dei intendevano comunicare all’uomo il proprio disappunto per questo o quel cattivo comportamento. Talete pare sia stato il primo in grado di darne un’interpretazione razionale, comprendendo il fenomeno e riuscendo a prevedere l’eclisse del 28 maggio 585 a.C.
Le eclissi non sono solo uno spettacolo, ma sono anche fenomeni importanti per gli astronomi, perché consentono di fare osservazioni particolari, come quelle della corona solare (esistono oggi per la verità metodi che permettono di «eclissare» il Sole in modo artificiale, tramite degli strumenti chiamati coronografi). Sempre durante un’eclisse, quella del 1919, l’astrofisico inglese Arthur Eddington poté misurare lo spostamento della posizione delle stelle vicino al disco solare, fornendo la prima prova sperimentale dell’allora giovanissima teoria della Relatività generale proposta da un certo Einstein.