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Gli italiani e il Giorno della Memoria, sul ricordo pesa l’effetto pandemia

Dati e commenti sulla nona indagine su “Gli italiani e il Giorno della Memoria”

Il Giorno della Memoria è un appuntamento ormai familiare a un gran numero di italiani. Una conquista valoriale di una certa consistenza ma che non si può fare l’errore di dare per scontata, per definitivamente acquisita. Se il ricordo non si mantiene costante, il rischio è infatti che l’attenzione sull’evento in sé ma anche su tutte le tematiche correlate possa calare in modo anche vistoso uscendo sempre di più – secondo l’espressione usata dal sociologo Riccardo Grassi – “dalla testa e dai cuori”.

È quanto si evince dalla nona indagine su “Gli italiani e il Giorno della Memoria” realizzata dall’istituto di ricerca SWG con la collaborazione della redazione di Pagine Ebraiche. Una fotografia nel tempo, diacronica, per cogliere l’evoluzione di questa percezione dal 2014 ad oggi.
«La pandemia ha condizionato la maggior parte degli aspetti della vita quotidiana nell’ultimo biennio. Ad emergere, con riferimento al Giorno della Memoria, è un leggero calo sia del ricordo spontaneo che del corretto riconoscimento della ricorrenza» ha evidenziato Grassi illustrando i risultati dell’indagine nell’ambito di un confronto con la redazione Ucei e con il suo direttore Guido Vitale cui sono anche intervenute la Presidente dell’Unione Noemi Di Segni e la sociologa Betti Guetta dell’Osservatorio Antisemitismo della Fondazione CDEC. La pandemia, quindi, come «grande buco nero che rischia di far passare in secondo piano tutti gli altri temi, inclusa la Memoria della Shoah».

In calo rilevante, attesta l’indagine, la percentuale di chi identifica autonomamente «quale commemorazione ricorre il 27 gennaio». Si passa infatti dal 55,6% del 2021 al 52,3% registrato quest’anno. Ancor più inquietante il decremento di chi, davanti a più opzioni esplicitate, sceglie quella corretta. In questo caso si scende, in appena dodici mesi, dal 57,9% al 49,5% del totale. Stabile invece il dato personale sul coinvolgimento, che tocca i due terzi degli intervistati (67%). Lo stesso resta prevalente, fa notare Grassi, «la percezione che, al di là della situazione personale, gli italiani non siano molto coinvolti». Lo sostiene il 58% del campione.

A confermarsi è una tendenza già registrata nel 2020 e 2021, con una crescita considerevole del gruppo di chi ritiene innanzitutto “giusto” celebrare il Giorno della Memoria. Il segno, si spiega nel rapporto, «di uno scarto semantico rispetto al passato e di una nuova attualizzazione dei contenuti legati al 27 gennaio».
Il Giorno della Memoria sarebbe “giusto” per il 39% degli italiani, “formativo” per il 37%, “dovuto” e “necessario” per il 33%. Il 10% lo definisce invece “retorico”, mentre il 5% “inutile”. Per il 23% degli intervistati, uno dei dati più allarmanti in assoluto, il Giorno della Memoria «non servirebbe più a nulla».

Un elemento di analisi è la diversa affiliazione e simpatia politica degli intervistati. Tra gli elettori di Lega e Fratelli d’Italia, «per quanto prevalga la percezione che sia giusto ricordare questa ricorrenza, è molto elevata la percentuale di chi attribuisce un valore retorico».

Ciononostante, si sottolinea, «è in aumento anche all’interno di questo elettorato la percentuale di chi ritiene che in Italia l’antisemitismo sia diffuso, anche se continua a prevalere un divario rispetto alle altre formazioni politiche». Tra gli elettori del M5S è invece massima la percezione «che si tratti di un atto dovuto oltre che giusto, mentre è particolarmente bassa la percentuale di chi lo ritiene un atto necessario e formativo». Tra gli elettori del PD uno su due attribuisce al Giorno della Memoria «innanzitutto un significato necessario, e a seguire dovuto e giusto». Gli indecisi politicamente sembrano avere le idee meno chiare. Segno forse, si afferma, «di una più generale disaffezione a questo tipo di tematiche».

Numeri che nel loro insieme costituiscono una base di appoggio preziosa per elaborare interventi e strategie di ampio respiro. A detta della Presidente Di Segni, uno sforzo necessario alla luce dei tanti inciampi per la maturazione di una vera Memoria consapevole. Insidioso in particolare il tentativo di chi, attraverso l’accostamento ad altre “Memorie” e vicende, provoca crescente confusione e smarrimento nell’opinione pubblica. «Credo sia importante capire il più possibile quanto tutto ciò sia frutto di una ignoranza "benevola" o se invece dietro ci sia ben altro. Un presupposto necessario – le sue parole – per capire come e in che direzione lavorare».

Per Betti Guetta il fronte più caldo è quello di una «retorica complottista in forte aumento, nel segno di vere e proprie voragini di senso». Lo si apprende anche dall’ultimo rapporto annuale dell’Osservatorio Antisemitismo da oggi in rete. L’universo dell’odio antiebraico, nelle sue molteplici varianti e sfaccettature, appare nella sua valutazione come «un mondo di una complessità, di una ambivalenza e purtroppo anche di un livello di pericolosità mai visto».
Gratitudine è stata espressa dal direttore Vitale per questa proficua collaborazione e per «la stabilità di un’iniziativa che, proprio per la sua natura, consente una una efficace misurabilità delle variazioni che avvengono di anno in anno».

 

Tratto da Moked.it

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