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L’importanza della testimonianza

Un giorno una parola – commento a Efesini 5, 15-16

Io sono straniero sulla terra; non nascondermi i tuoi comandamenti
Salmo 119, 19

Guardate con diligenza a come vi comportate; non da stolti, ma da saggi, ricuperando il tempo perché i giorni sono malvagi 
Efesini 5, 15-16

Spesso, mi è capitato di ascoltare qualcuno affermare, magari in buona fede ma con superficialità, che la massima “lo stolto ha detto Dio non c’è” (Salmo 14, 1) alluda a coloro che si professano atei.

Da parte mia credo che tale detto dichiari stolto colui che si comporta come se Dio non esistesse. Non si tratta quindi di negare l’esistenza di Dio, ma di ignorare sistematicamente la sua buona e santa volontà, quella che vuole che tutti gli uomini vengano salvati (cfr. I Timoteo 2, 4). 

In definitiva, quella parola è rivolta a noi: Lui alla croce ha fatto ciò che doveva fare, ora tocca a noi essere suoi testimoni, ma testimoni efficaci e credibili della grazia.

Dunque, un limite al nostro essere porgitori di grazia, talvolta è proprio il nostro stesso carattere. Se riflettiamo, ci rendiamo subito conto che gli altri possono essere influenzati negativamente dal nostro modo di porgerci. 

Se riconosciamo questo limite e gli altri limiti che ci accompagnano, possiamo attivarci per superarli, magari ricorrendo alla preghiera, strumento sempre più trascurato. 

Il mondo, per usare un’espressione cara all’evangelista Giovanni, non conosce Dio, ma vede noi. Cerchiamo di non annullare i benefici della croce con i limiti di una testimonianza poco consona al nostro dichiararci cristiani.

Teniamo dunque alta la guardia in questi giorni malvagi di una pandemia che ci ha colti di sorpresa in quest’epoca che si andava consumando nei deliri di onnipotenza dell’umanità. 

Con l’aiuto dello Spirito e la guida delle Scritture, adoperiamoci a mantenere una buona testimonianza, diversamente, come dice l’apostolo Paolo, “non avvenga che, dopo aver predicato agli altri, noi stessi veniamo squalificati” (cfr. I Corinzi 9, 27).

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