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Raccontare la buona notizia

Un giorno una parola – commento a Atti degli apostoli 11, 20-21

Le nazioni che saranno rimaste attorno a voi conosceranno che io, il Signore, ho ricostruito i luoghi distrutti e ripiantato il luogo deserto
Ezechiele 36, 36
Ma alcuni di loro, che erano Ciprioti e Cirenei, giunti ad Antiochia si misero a parlare anche ai Greci, portando il lieto messaggio del Signore Gesù. La mano del Signore era con loro; e grande fu il numero di coloro che credettero e si convertirono al Signore
Atti degli apostoli 11, 20-21

«I have a dream», ho un sogno. Queste famose parole del pastore battista Martin Luther King mi sono venute in mente leggendo il testo di Atti 11. Qual è il mio sogno per questo mondo dove le differenze sembrano contare più delle cose che abbiamo in comune?

Dopo la lapidazione di Stefano avvenne una persecuzione severa tale che dei cristiani arrivarono fino ad Antiochia. All’inizio questi rifugiati giudeo-cristiani si rivolgevano agli abitanti giudei della città, mantenendo le loro usanze. Ma nell’incontro con i Greci, a cui raccontarono la buona notizia, cominciarono ad affrontare delle differenze enormi nella comunità; differenze ben maggiori di quelle che esistono oggi fra le varie comunità cristiane. I Greci non erano circoncisi, non seguivano le leggi alimentari, etc.

Eppure, nel libro degli Atti, non leggiamo nulla a riguardo di queste problematiche. L’unica cosa che viene riportata è che la buona notizia del Signore Gesù raggiunge anche la chiesa di Gerusalemme, e che quindi Barnaba viene inviato lì ad aiutare a costruire la chiesa.

Ecco il mio sogno, che come quella comunità anche noi possiamo concentrarci prima su Colui che ci unisce, e le differenze diventeranno meno importanti. Avendo lo stesso fondamento, Cristo Gesù, le differenze diventano spesso diversità; non siamo più guidati dalla nostra propria ragione, ma faremo di tutto per cercare il benessere l’uno dell’altro.

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