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Oltre il ghetto. Dentro & Fuori, al Meis di Ferrara

La rappresentazione dell’identità ebraica a partire dall’epoca dei ghetti, tra emarginazione, equilibri politici e prosperità culturale

Fino al 15 maggio 2022, all Meis, il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara, è esposta la mostra Oltre il ghetto - Dentro & Fuori, un percorso in cui si segue la millenaria presenza degli ebrei in Italia dentro e fuori l’isolamento dei ghetti, all’interno dei quali gli ebrei sono stati confinati per circa tre secoli. Tante microstorie, vite, esperienze, vicissitudini, si accostano alla macrostoria in un percorso cronologico che comincia con le segregazioni, prosegue verso l’emancipazione e fino alla Prima Guerra Mondiale. Nello svilupparsi della narrazione si seguono altri itinerari paralleli, come il rapporto tra minoranze e potere, la partecipazione comunitaria che poi diventa partecipazione politica nel periodo del Risorgimento e della Prima Guerra Mondiale. Si parla di produzione artistica e artigianale all’interno dei ghetti e degli scambi culturali tra dentro e fuori, l’unica cosa che non si interrompe mai e contro la quale non ci sono muri che si possano ergere.

Quattro sono le curatrici dietro questa esposizione: Simonetta Della Seta, Carlotta Ferrara degli Uberti, Sharon Reichel e Andreina Contessa, che in merito al percorso racconta: «La mostra esplora uno dei periodi più ambivalenti e problematici della storia ebraica in Italia, e vuole raccontare la complessità di questa lunga epoca di segregazione, di pregiudizi, di limitazioni, nella quale la comunità ebraica ha saputo produrre una fioritura culturale e artistica, una ricca vita comunitaria e intellettuale, dimostrando la capacità degli ebrei di dialogare con la società circostante preservando la propria identità e mantenendo anche il proprio ruolo in una società ostile. Si tratta di temi che toccano anche l’attualità e in un cui la microstoria entra nella macrostoria».

In questa mostra c’è il taglio storico, perché questa è l’impostazione del Meis, ma ci sono anche diversi itinerari trasversali in una narrazione nella quale gli oggetti si fanno protagonisti. «Gli oggetti in questa mostra sono centralissimi - continua Contessa -  e tracciano il filo della storia, la grande storia, la loro storia e le piccole storie di chi li ha prodotti, li ha utilizzati, li ha posseduti. Per questo ci sono degli oggetti che sono anche molto semplici, che hanno dei risvolti quotidiani e intimi, e dei capolavori, dei grandi quadri da importanti prestiti, come il prestigiosissimo prestito del Quirinale, l’Ester di Assuero di Sebastiano Ricci e i prestiti dagli Uffizi, dal Castello di Miramare, dalla Palatina di Parma e dalle comunità ebraiche di Torino e Mantova. È una mostra ricchissima nella quale ci sono più di 80 opere esposte».

Sebbene il percorso sia storico, non si può fare a meno di pensare che l’attualità a volte sembra essere una copia del passato, e che a nulla sia valsa l’esperienza dolorosa delle generazioni precedenti. I ghetti infatti esistono ancora, e questa riflessione è stata anche centrale durante il percorso di allestimento. Racconta infatti Andreina Contessa: «Tutte queste tematiche che riguardano gli ebrei e che riguardano certe epoche sono attualissime oggi. Penso che si possa guardare alla storia ebraica anche in questo modo: la loro vita è stata segnata da espulsioni, da migrazioni, e in questa storia l'esclusione nel ghetto marca la polarità tra dimora temporanea e dimora permanente, tra esclusione e inclusione, tra dentro e fuori. Questi sono temi attualissimi».

La mostra ha ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica, prestigioso premio di rappresentanza, un riconoscimento importante che sicuramente premia il lavoro fatto, testimoniato anche dal catalogo che accompagna la mostra, un insieme molto corale di interventi, saggi e studi a larghissimo spettro, evidenziando il ruolo scientifico valorizzato dalle curatrici e dagli allestitori. Un riconoscimento sottolineato dall’importante prestito: il dipinto che apre la mostra.

«Il Quirinale partecipa con questo quadro che rappresenta l’eroina biblica Ester, la moglie del re persiano Assuero al quale però lei aveva celato di essere ebrea e che decide di mettere a rischio la propria vita rivelandogli la sua identità ebraica e implorando per sé e il suo popolo la salvezza dall'incombente catastrofe. Questa figura femminile apre la mostra ed è lei che ci guiderà in questa complessa esplorazione del ghetto e della storia che comincia con esso. Si tratta di una scelta voluta, perché è proprio in quest’epoca che Ester diviene una sorta di figura emblematica della mediazione tra la minoranza ebraica e il potere, diciamo il simbolo di una sapienza politica di responsabilità che parlava a molti cuori,  sicuramente a quegli ebrei che erano stati oggetto di persecuzione e di espulsioni, come gli ebrei della Spagna e ai conversos. È però anche il periodo in cui Ester acquista un ruolo importante nell’arte italiana: per la prima volta, dal ‘600 in poi, diviene uno dei temi spesso scelti dagli artisti per rappresentare ed essere rappresentati nell’arte. Questo in parallelo succede anche nella letteratura e nel teatro ebraici, in una specie di influenza reciproca e di rapporto relazionale tra il dentro e il fuori delle diverse comunità».

 

Foto di Sailko, Paolo Veronese, "Ester e Assuero"

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