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L’opera salvifica di Gesù Cristo

Un giorno una parola – commento a I Giovanni 2, 1

Mosè supplicò il Signore, il suo Dio, e disse: «Calma l’ardore della tua ira e pentiti del male di cui minacci il tuo popolo»
Esodo 32, 11.12

Se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto 
I Giovanni 2, 1

Dopo aver parlato del contrasto luce-tenebre, nella prima lettera Giovanni passa al contrasto, collegato al primo, fra verità e menzogna. 

Giovanni insiste sul peccato perché esso continua a insidiare coloro che credono. L’autore vuole che i suoi lettori prendano consapevolezza del loro peccato. Inutile illudersi: se diciamo di non avere peccato, siamo bugiardi, bugiardi con noi stessi e con noi stesse. Egli esorta i suoi lettori a non peccare; ma se questo avviene, essi sanno di avere in Gesù Cristo un avvocato difensore, che intercede per loro presso il Padre, così che saranno perdonati e perdonate. Subito dopo questo versetto, egli dice che Gesù è espiazione: è attraverso il sacrificio della sua morte in croce che egli ci purifica dal peccato.

Ritroviamo qui una tensione sempre presente nella nostra vita di credenti: da una parte noi abbiamo la fiducia, la certezza del perdono divino, giustificati attraverso la morte sacrificale e l’innalzamento al cielo di Gesù Cristo; dall’altra parte siamo deboli, e ricadiamo sempre nel peccato. E allora di nuovo chiediamo perdono e di nuovo sentiamo la certezza di essere stati assolti nel tribunale di Dio, tramite l’opera del nostro avvocato difensore, senza alcun merito nostro. 

È necessario porre molta attenzione a non banalizzare tutto questo, trasformando questa tensione in un alternarsi automatico e scontato di peccato e perdono.

Per questo nei nostri culti il momento della confessione del peccato e l’annuncio della grazia sono così importanti: per ricordarci sempre e di nuovo la grandezza dell’opera salvifica di Gesù Cristo, e il privilegio che riceviamo attraverso la sua morte e resurrezione; mantenendo sempre viva la consapevolezza di non essere degni e degne di questo privilegio.

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