“Gesù, ricordati di me”
26 febbraio 2015
Un giorno una parola – commento a Luca 23, 42
Convertimi, e io mi convertirò, poiché tu sei il Signore, il mio Dio
(Geremia 31, 18)
Uno dei malfattori appesi alla croce diceva: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno!»
(Luca 38, 42)
Avete notato quanto è difficile ricordarsi delle cose? Senza un post-it, senza un supporto digitale le date, gli impegni, i numeri ci sfuggono. Una volta si esercitava la memoria: le tabelline, le poesie, persino i versetti biblici andavano memorizzati. Per la Bibbia, invece, la memoria umana è sempre stata labile e andava aiutata: una pietra in mezzo al fiume per ricordare un passaggio, un pasto consumato in fretta per ricordare una fuga.
Anche le chiese vivono il ricordo, ogni qualvolta che spezzano il pane “in memoria” di Cristo. Di solito siamo noi che abbiamo bisogno di ricordare. Perciò le parole rivolte a Gesù da uno dei malfattori crocifissi insieme a lui, ci commuovono: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Commuovono perché prospettano la possibilità che anche Gesù (che in quel momento aveva ben altro a che pensare) potesse dimenticarlo. Eppure il Signore dice «Una donna può dimenticare il bambino che allatta (...) Anche se le madri dimenticassero non io dimenticherò te» (Isaia 49, 15). Ma perché proprio lui? Perché Gesù, quando sarebbe entrato nel suo regno doveva ricordarsi proprio di questo criminale? Perché all’ora della sua morte, invece di lasciarsi vincere dall’astio e dal rancore, invece di schierarsi con l’altro malfattore, con i magistrati e i soldati che schernivano Gesù, questo malfattore protesta non la propria innocenza bensì l’innocenza di Gesù. Per Gesù ha parole amiche, parole di verità e una semplice richiesta “Gesù, ricordati di me”.