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Sanità, le sfide che ci aspettano

La Diaconia valdese riflette sui prossimi decisivi patti che governo e realtà di settore dovranno compiere nella gestione e nel ridisegno della sanità territoriale

Nelle dichiarazioni programmatiche alle Camere il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha toccato molti punti, indicando le priorità per ripartire: la vaccinazione e la scuola.

Parlando della vaccinazione, il presidente del Consiglio ha affermato la necessità dell’apertura di un confronto sulla riforma della sanità: «Il punto centrale è rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale, realizzando una forte rete di servizi di base (case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà sanitaria). È questa la strada per rendere realmente esigibili i “Livelli essenziali di assistenza” e affidare agli ospedali le esigenze sanitarie acute, post acute e riabilitative. La “casa come principale luogo di cura” è oggi possibile con la telemedicina, con l’assistenza domiciliare integrata».

È un tema che ci riguarda direttamente, nella nostra attività diaconale. Vorrei su questo fare alcune riflessioni. Il tema è stato ripreso da Draghi anche più avanti, parlando dei progetti del Next Generation Eu, il piano europeo che mette a disposizione del nostro paese 210 miliardi di euro nei prossimi 6 anni.  I progetti devono essere ricompresi nel  Programma di ripresa e resilienza (PNRR) da presentare entro aprile e sul quale aveva già lavorato il precedente governo. Il discorso di Draghi pare confermare quanto già scritto nella bozza del Piano dal precedente governo. Nella bozza di PNRR si prevede nella missione 6 “Salute” un «cambio di paradigma nell’assistenza sociosanitaria». Questo cambio si basa sullo sviluppo di una rete territoriale di vicinanza, per porre la casa «come primo luogo di cura», supportato dalle “Case della comunità” e per la fase acuta dalla rete ospedaliera. SI tratta nella proposta che prevede un finanziamento di 7 miliardi di euro, di sviluppare 3 interventi. Il primo riguarda la realizzazione di strutture fisicamente riconoscibili, le Case della Comunità, con la previsione di realizzare entro il 2026 (data entro la quale il PNRR deve essere realizzato) una struttura  ogni 24.500 abitanti, cioè 2.564 nuove Case della comunità con l’obiettivo di prendere in carico 8 milioni circa di pazienti cronici mono-patologici e  5 milioni circa di pazienti cronici multipatologici. Le Case della Comunità si qualificano «quale punto di riferimento di prossimità e punto di accoglienza e orientamento ai servizi di assistenza primaria di natura sanitaria, socio-sanitaria e sociale per i cittadini» operando sul superamento della divisione fra servizi sanitari e sociali e la disomogeneità fra le regioni.

Il secondo intervento pone la casa come primo luogo di cura, rafforzando l’assistenza domiciliare e un modello digitale dell’ADI, per rendere fruibili soluzioni di telemedicina e connect care. Il terzo intervento prevede lo sviluppo delle cure intermedie, come presidi sanitari per degenza breve che, interconnesse con il sistema dei servizi sanitari e sociali, svolgono una funzione “intermedia” tra il domicilio e il ricovero ospedaliero al fine di sgravare l'ospedale da prestazioni di bassa complessità. In questo caso l’obiettivo è quello di realizzare e/o adeguare 1 ospedale di comunità ogni 80.000 abitanti - 753 ospedali – entro il 2026.

Va rilevato che il PNRR nella missione 5 “Inclusione e coesione” prevede fra i suoi obiettivi politiche di sostegno al lavoro, il recupero e la rigenerazione di edifici e territori urbani, l’ampliamento dell’offerta residenziale pubblica, la realizzazione di impianti sportivi e parchi urbani ed anche un pacchetto di interventi che ben si coordinano con quelli previsti nella missione 6 “Salute”, in particolare il potenziamento della quantità e qualità delle infrastrutture sociali, per minori, anziani non autosufficienti e persone con disabilità, la ristrutturazione – e dotazione di  investimenti di domotica - di abitazioni da destinare a percorsi di vita indipendente  di anziani non autosufficienti e persone con disabilità. Entrando nello specifico si tratta di  3,45 miliardi di euro nel corso di vigenza del PNRR a cui si aggiungono 380 milioni a valere sul ReactEU per Infrastrutture sociali a favore di minori, anziani non autosufficienti e persone con disabilità per servizi sociali dedicati alle persone con disabilità, potenziati al fine di sostenere il processo di deistituzionalizzazione e prevenire la istituzionalizzazione e per programmi di housing temporaneo (fino a 24 mesi) per singoli o nuclei familiari in difficoltà estrema con contestuali azioni volte ad agevolare l’uscita dai percorsi di assistenza. Sulla parte relativa alle infrastrutture sociali viene previsto nella bozza la progettazione affidata agli Enti locali in sinergia con il Terzo settore.

Come si può vedere si tratta di un piano molto complesso di riorganizzazione dei servizi territoriali. Va rilevato che anche nella Legge di bilancio 2021 oltre all’incremento di 1 miliardo dei fondi per la sanità è prevista una norma (il comma 797) che va nella direzione del rafforzamento dei servizi sociali territoriali, prevedendo un contributo di 40.000 euro per ogni assistente sociale assunto a tempo indeterminato al fine di raggiungere un livello  essenziale delle prestazioni e dei servizi sociali definito da un  rapporto  tra assistenti pari a 1 a 5.000 in ogni ambito territoriale eccedente il rapporto di 1 a 6.500  e un contributo pari a 20.000 euro  annui  in numero eccedente il rapporto di 1 a 5.000 e  fino  al  raggiungimento del rapporto di 1 a 4.000.

Come si vede da questa sommaria e parziale ricostruzione delle scelte dei prossimi mesi si tratta di un massiccio piano di ridefinizione e in molti casi di ricostruzione della rete dei servizi territoriali. Vedremo come sarà riformulato il PNRR, tema molto dibattuto nella crisi del governo Conte. L’impressione è che sia riconfermato il quadro e le scelte, fra l’altro in campo sanitario esplicitamente citate nel discorso programmatico.

SI tratta di un dibattito che ci coinvolge direttamente perché è tutto dentro a quello dei servizi che le nostre opere stanno facendo e che coinvolge anche le prospettive del nostro rapporto con gli Enti pubblici. È un tema sul quale la CSD-Commissione Sinodale Diaconia si sta interrogando, anche con un gruppo di lavoro che ha ragionato anche in termini formali sul rapporto con gli Enti Pubblici.

Il Gruppo , coordinato da me, con la partecipazione di Gianpaolo Ricco della Csd, di Marco Armand Hugon presidente della Dvv (Diaconia valdese valli) e Alessandro Sansone presidente della Dvf (Diaconia valdese fiorentina), ha posto al centro del suo ragionamento il quesito di come, in questa situazione e con il progressivo smantellamento attuato negli scorsi anni del nostro welfare, possiamo essere oggi con le nostre azioni e il nostro servizio parte di un processo in cui siano garantiti i diritti di tutti in un sistema universalistico e come non essere sostitutivi dei servizi che devono essere garantiti a tutti dai servizi pubblici. Questa discussione si intreccia anche con la nostra collocazione nel Terzo Settore. Le domande che ci dobbiamo porre sono molte e riguardano anche la prospettiva delle nostre opere. Se noi siamo d’accordo su questa visione di forte presenza territoriale del settore sanitario e sociale pubblico dobbiamo capire il nostro livello di interlocuzione in quella porzione di ragionamento che sta nel fare servizio agli ultimi e mantenere un sano equilibrio economico in rapporto convenzionale. Paradigmatico è il percorso relativo all’assistenza agli anziani fragili e soprattutto non autosufficienti. In questo caso lo sviluppo di assistenza domiciliare, di forme di residenzialità a bassa soglia non esime dal ripensare e riorganizzare il settore delle RSA che sempre più orientate all’assistenza delle persone che per la condizione di salute e per l’assenza di rete familiare e forse anche di una casa non possono essere assistite diversamente: e questo percorso va visto all’interno di una programmazione coerente. Ma questo vale per tutti i settori di intervento.

La nostra presenza ai tavoli di coprogrammazione e coprogettazione sarà una sfida importante per la quale dobbiamo ben prepararci: una sfida che ci chiama fortemente in causa, come Diaconia, rivolta a rispondere ai bisogni degli ultimi. Si co-programma non per assicurare l’attività, anche imprenditoriale. ma per rispondere ai bisogni effettivi di un territorio, considerandone anche gli aspetti politici. Un contributo che possiamo dare nella definizione di un sistema di servizi che operi anche come elemento di coesione sociale.

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