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La salvezza dipende solo dalla grazia di Dio

Un giorno una parola – commento a Isaia 56, 8

Il Signore, Dio, che raccoglie gli esuli d’Israele, dice: «Io ne raccoglierò intorno a lui anche degli altri, oltre a quelli dei suoi che sono già raccolti» 
Isaia 56, 8

Dio, nostro Salvatore, vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità
I Timoteo 2, 3-4

Il capitolo 56 apre la terza e l’ultima parte del libro biblico che porta il nome di Isaia. Questo libro è una raccolta di oracoli ed esortazioni che solo in parte (capitoli 1-39) possono essere attributi al profeta Isaia che visse negli anni 765-700 a.C. I capitoli 56-66 risalgono agli anni 538-520 a.C. Infatti, nel 538 a.C., il famoso editto firmato da Ciro II, detto anche il Grande, re di Persia, consentì agli ebrei esiliati non solo il ritorno alla Terra Promessa ma anche la ricostruzione del Tempio e della Città di Gerusalemme. Cirò non abbraccio mai la fede ebraica, eppure nella tradizione talmudica la sua figura è considerata messianica o, addirittura, salvifica. 

Il Talmud, infatti, non lega il conseguimento della salvezza eterna alla conversione all’ebraismo. Ancora oggi il desiderio di abbracciare la fede ebraica di solito viene accolto di buon grado dalle comunità locali, ma tale decisone non viene mai imposta o incoraggiata. L’ebraismo affida la salvezza dei popoli esclusivamente a Dio. Una persona che rispetta i cosiddetti sette precetti noachidi, che riguardano sostanzialmente i rapporti umani e le relazioni sociali, è considerata “giusta”, a prescindere dalla sua appartenenza religiosa.

Nell’ambito della teologia cristiana delle religioni sempre più spesso si pone la seguente questione: una chiara, esplicita e pubblica confessione della fede cristiana è la conditio sine qua non per conseguire la salvezza eterna? Può sembrare strano, la maggior parte delle chiese e delle facoltà di teologia rispondono con un “no”. La causa primaria e sufficiente della salvezza eterna di un essere umano è soltanto la Grazia di Dio. Le conseguenze teologiche ed esistenziali di tale affermazione sono piuttosto impegnative. Da una parte bisogna respingere ogni forma di proselitismo cristiano, dall’altra non ci si può mai stancare di annunciare che Dio “vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità”.

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