Chiamati a una pastorale della sicurezza
01 giugno 2020
Dubbi e timori sulle modalità di riapertura dei luoghi di culto non devono farci perdere di vista la centralità delle persone e della dimensione dell’Incontro
Riaprire o non riaprire? In fretta o con tutta calma? La questione della riapertura dei luoghi di culto nella fase 2 di questo tempo segnato dalla pandemia, è l’argomento che ha accompagnato, accompagna e accompagnerà per altro tempo le nostre comunità. La Tavola valdese ha lavorato con molta attenzione e sensibilità su questo tema, costituendo una Commissione di professionisti nel campo della medicina, dell’igiene e della sicurezza, che scrivesse delle linee guida utili ai consigli di chiesa e concistori per affrontare questa fase così delicata per le nostre chiese locali.
Avendo personalmente fatto parte di questa Commissione, ho potuto constatare quale sia stata l’attenzione di tutti e tutte affinché il testo da fornire alle chiese fosse sì un manuale di “sicurezza della pastorale”, senza dimenticare però l’importanza di una buona “pastorale della sicurezza”.
Una pastorale che orienti lo sguardo sulle persone e sui loro sentimenti, ponendo attenzione alle loro aspettative e guardando con delicatezza alle loro paure. Una pastorale che voglio qui riassumere in tre pensieri.
Primo. Una buona pastorale della sicurezza dovrebbe far sì che i nostri luoghi di culto non diventino uno spazio in cui ci si guarda con sospetto. Questo andrebbe ricordato soprattutto a coloro che tendono a semplificare i problemi, che alcune comunità sentono invece come macigni. Stiamo perciò attenti a ricordare prima di tutto a noi stessi, e poi a tutti i nostri membri di chiesa e ai simpatizzanti, che siamo Chiesa anche fuori le mura del tempio. Chi non si sente sicuro nell’affrontare immediatamente questa fase di ri-unione, meglio viva questo tempo di personale incertezza nella tranquillità della sua casa: non ha senso vivere con ansia il momento dell’Incontro. E lo scrivo con la I maiuscola per indicare la meraviglia dello stare insieme alla presenza del Signore.
Secondo. Una buona pastorale della sicurezza dovrebbe far sì che, nel riaprire i nostri luoghi di culto, si proceda a creare sì un ambiente sicuro, ma anche accogliente e gioioso. Pensiamo allora, per quanto possibile, a liturgie e predicazioni che facciamo sbocciare speranza, più che suscitare lacrime.
Terzo. Una buona pastorale della sicurezza dovrebbe trovarci pronti a fare il “grande passo” per superare la questione di cui ho parlato all’inizio. Riaprire oppure no? E se sì, quando? Pensando a questo, mi sono venuti alla mente due testi biblici. Il primo si trova nel libro dei Numeri (11, 5-6), nel quale si parla della lamentela degli Israeliti: «Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cocomeri, dei meloni, dei porri, delle cipolle e dell’aglio. Ora la nostra vita inaridisce; non c’è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna». Il guardare con nostalgia a quello che ci è mancato in questo tempo di lockdown, non ci fa apprezzare la manna che Dio ci dona in questo tempo di deserto. Sono state “manna” le tante iniziative intraprese per predicare la Parola e l’impegno profuso per raggiungere con ogni mezzo possibile i fratelli e le sorelle forzatamente rinchiusi nelle loro case. Il secondo testo biblico si trova invece nel Vangelo di Giovanni (5:5-8) e ci parla di Gesù che, a un malato ormai abituato alla sua condizione, chiede: «Vuoi guarire?». E agli impedimenti che il malato pone alla sua attenzione, Gesù controbatte con forza dicendogli: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina».
Ecco, questi due testi ci dicono come dovrebbe essere il nostro atteggiamento di fronte alla decisione di ricominciare, oppure no, a essere una Chiesa fatta anche di corpo. Non con l’atteggiamento spavaldo dei nostalgici di un passato a cui si vuole a tutti i costi ritornare, ma nemmeno con l’adattamento a una condizione di paralisi a cui ci si è ormai abituati.
Ogni nostra scelta e decisione credo debba essere guidata da questi tre pensieri. Nelle serate della scorsa settimana, grazie all’organizzazione della Tavola valdese e delle Commissioni esecutive distrettuali, come Commissione abbiamo avuto modo di incontrare, attraverso le piattaforme online, quasi tutti i e le presidenti dei consigli e concistori delle nostre chiese locali, a cui è stato rivolto lo stesso invito: attenzione e prudenza, ma anche impegno e determinazione. Consapevoli delle proprie possibilità, ma anche fiduciosi nell’aiuto che il Signore mai ha fatto mancare alla sua Chiesa.