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Covid19, tutela della salute dei migranti, la Fcei aderisce ad appello della società civile

Paolo Naso: «In un momento così difficile per tutti gli italiani e per il Paese non possiamo dimenticare le migliaia di lavoratori stranieri che vivono in condizioni degradanti e di sfruttamento»

«Agire subito per tutelare la salute dei migranti costretti negli insediamenti rurali informali e nei ghetti». E’ questo l’oggetto e il titolo della lettera-appello della società civile alla quale la Federazione delle chiese evangeliche in Italia, attraverso il suo programma migranti e rifugiati, Mediterranean Hope, ha deciso di aderire.

Un documento, firmato da associazioni, sindacati, realtà impegnate nella difesa dei diritti dei migranti, che chiede maggiori tutele per le persone di origine straniera che lavorano o vivono nel nostro Paese e vivono condizioni di particolare vulnerabilità, in questo momento di emergenza sanitaria. Dalla messa in sicurezza di chi vive nei “ghetti”, fino alla regolarizzazione di chi lavora “in nero”.

«La scelta di aderire convintamente all’appello – spiega Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean Hope – in un momento così difficile per tutti gli italiani e per il Paese non possiamo dimenticare le migliaia di lavoratori stranieri che vivono in condizioni degradanti e di sfruttamento alle quali oggi si aggiunge il rischio di un drammatico contagio. Per questo ci associamo ad ogni azione finalizzata a smantellare i ghetti e a garantire anche ai lavoratori immigrati impegnati nell’agricoltura stagionale, condizioni sanitarie adeguate.  Dobbiamo capire che salvaguardando la salute degli immigrati, oggi combattiamo più effcacemente la pandemia. In questa prospettiva come MH siamo fiduciosi che a breve possa aprirsi presso il Ministero dell’Interno un tavolo che avvii progetti urgenti di ricollocazione dei migrati che oggi vivono nei ghetti che sorgono infomali nei pressi delle zone di produzione agricola. Di fronte alla pandemia non c’è più il muro che divide ‘noi’ e ‘loro’ perchè insieme siamo chiamati ad agire e operare per i bene reciproco».

Di seguito il testo completo dell’appello:

L’Italia è alle prese con una grave emergenza sanitaria. La pandemia di Covid-19 mette a dura prova la nazione il Paese, l’Europa e il pianeta nel suo complesso. Una drammatica situazione che richiede un impegno straordinario ad ogni livello della società, dalle istituzioni ai singoli. Oggi abbiamo più che mai bisogno tutti di fare riferimento ai principi di giustizia sociale e solidarietà insiti nella Costituzione per fare fronte a una minaccia inedita.
Come rappresentanti dei sindacati, organizzazioni del terzo settore impegnate nel campo dell’ecologia, della tutela dei diritti umani, sociali e civili, esprimiamo profonda inquietudine e sentimenti di estrema preoccupazione per le migliaia di lavoratori stranieri che abitano nei tanti ghetti e accampamenti di fortuna sorti nel nostro Paese.
Molti di loro sono impiegati nel settore agricolo, più che mai indispensabile per la sicurezza alimentare della cittadinanza e la tenuta collettiva. Come è noto, le condizioni dei braccianti che oggi raccolgono i prodotti destinati alle nostre tavole sono spesso inaccettabili: le baraccopoli in cui sono costretti a vivere sono luoghi insalubri e indecenti, agli antipodi del valore stesso dei diritti umani.
Il rischio che il Covid-19 arrivi in quegli aggregati, tramutandoli in focolai della pandemia, è motivo di fondata apprensione. Nella miseria dei ghetti, la cui ubicazione si incardina sempre nei distretti a forte vocazione agricola, il quotidiano degli immigrati è scandito da immutata cadenza nonostante la spada di Damocle rappresentata dal Covid-19.
Le richieste di restare a casa o lavarsi le mani, rivolte alla comunità nazionale da tutti gli organi istituzionali e d’informazione, per loro sembrano chimere. Sopravvivono in immense distese di catapecchie senza acqua né servizi igienici.
I ragguardevoli provvedimenti assunti dal Governo per l’emergenza coronavirus non prendono in considerazione queste realtà. A fronte dell’impegno delle organizzazioni che continuano ad operare sul campo, non ci risulta da parte degli organi istituzionali alcun intervento specifico di prevenzione in questi contesti altamente a rischio. Una allarmante discrasia che richiede correttivi istituzionali immediati in una cornice di monitoraggio preventivo nonché di presa in carico degli eventuali casi di Covid-19, in ossequio al principio costituzionale della tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.
Riteniamo che i Prefetti, alla luce degli ulteriori poteri loro conferiti dal DCPM del 09 marzo u.s, possano assumere autonomamente iniziative o adottare disposizioni volte alla messa in sicurezza dei migranti e richiedenti asilo presenti sul territorio, mediante l’allestimento e/o la requisizione di immobili a fini di sistemazione alloggiativa. Le risorse necessarie per gli eventuali interventi di rifacimento e adeguamento degli immobili requisiti potrebbero essere attinte dalla dotazione del Piano Triennale contro lo sfruttamento e il caporalato.
Infine, non si può dimenticare il settore agricolo già morso dalla crisi, che oggi in più patisce la carenza di lavoratori agricoli in alcune aree del Paese in ragione dell’interruzione dei flussi di manodopera dai Paesi dell’Est Europa. A causa del Covid-19 si è verificato infatti un rientro massivo da parte di lavoratori agricoli immigrati da Romania e Bulgaria mentre gli arrivi previsti dalla Polonia si sono azzerati. I lavoratori extracomunitari che si trovano in condizione di irregolarità possono tamponare questo vuoto, ma occorre garantire loro i diritti fondamentali. Molti stranieri si trovano oggi in condizioni di irregolarità acuite dai decreti sicurezza e non vanno in cerca di lavoro per timore di essere fermate ai posti di blocco. Diventa quindi fondamentale una regolarizzazione per far emergere chi è costretto a vivere e lavorare in condizioni di irregolarità. Sarebbe una misura di equità e di salvaguardia dell’interesse nazionale, in questa difficile fase in cui un eventuale pregiudizio all’agricoltura, nella sua funzione tutelare della sicurezza alimentare della comunità nazionale, sarebbe drammaticamente deleterio. Questo però non dev’essere uno strumento per rifornire il settore primario di lavoro a buon mercato in un momento di shock economico. È necessario inoltre rafforzare le misure di contrasto al lavoro nero e favorire l’assunzione di chi sta lavorando in maniera irregolare.
Servono soluzioni strutturali che, soprattutto in condizioni di eccezionalità, non possono attendere.

Fabio Ciconte – Direttore Terra! – campagna #FilieraSporca
Giovanni Mininni – Segretario Generale Flai CGIL Nazionale
Don Ciotti – Presidente Libera e Gruppo Abele
Luigi Manconi
Roberto Barbieri – Direttore Oxfam Italia
Riccardo Vito – Presidente Magistratura Democratica
Valentina Calderone – Direttrice A Buon Diritto
Medici per i diritti umani (MEDU)
Marco Omizzolo – Ricercatore Eurispes e Presidente Tempi Moderni
Danilo Chirico – Presidente DaSud
Antonello Mangano –Terrelibere.org
Marina Galati – Vicepresidente Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA)
Csc Nuvola Rossa
Co.S.Mi. (comitato solidarietà migranti)
Sanità di Frontiera
Paolo Naso – coordinatore di Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della Fcei

 

Foto Tai's Captures, da unsplash.com

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