Crocefisso coi buchi
03 febbraio 2015
Simbolo della cristianità o arredo dell’aula? Riflessioni a margine dell’interminabile disputa sulla laicità nella scuola
Siamo alle solite. Un professore della scuola superiore, a Terni, ha rimosso il crocifisso da alcune aule. Proteste, sanzioni, ricorsi. Qualche mese fa un altro docente, triestino, per analogo motivo, era stato censurato. A parte la questione laicità, che è seria, in queste ripetute storie ci sono anche aspetti che fanno sorridere. Ad esempio il professore di Terni, per staccare i crocifissi ben piantati nel muro (vite a pressione con colla), ha provocato inevitabilmente dei buchi che poi ha riparato lui stesso, ma, ahimè, durante le lezioni, cosa decisamente inopportuna visto che così è stato ridotto il tempo per la didattica!
Ho insegnato anch’io nella scuola media e spesso ho staccato il crocefisso, illustrando i motivi del mio gesto alla classe, ai colleghi, alla mia preside. Sarò stato convincente, sta di fatto che non sono stato censurato. Non ho fatto buchi nel muro e in ogni caso, come docente di Educazione tecnica, davo molto più affidamento di uno di lettere (per i muri, s’intende). Si era creata una situazione di non belligeranza reciproca: io toglievo il crocefisso, ma tutti lo sapevano e se per caso qualcuno voleva assolutamente il crocifisso appeso, la preside gli diceva: «guarda nel cassetto di Rostan e di sicuro lo trovi». Bisogna anche saper ridere di noi stessi…
Tornando alle cose serie, le opinioni in questi casi sono ben chiare e definite (e inconciliabili): da un lato c’è chi sostiene la presenza del crocifisso nei locali pubblici perché simbolo della cristianità, segno delle radici del nostro paese e dell’Europa, corrispondente ai desideri educativi della stragrande maggioranza dei genitori. Dall’altra i contrari al crocifisso non ce l’hanno con la religione cattolica, ma non vogliono insegnare in presenza di un simbolo religioso e rivendicano la libertà di insegnamento e la laicità della scuola pubblica. Hanno ragione, putroppo c’è una sentenza della Corte europea dei diritti, in risposta a un ricorso avverso al crocifisso, che ha stabilito che il crocifisso può restare nelle scuole perché questo simbolo «non lede né il diritto dei genitori di educare i figli secondo le loro convinzioni, né il diritto degli alunni alla libertà di pensiero, di coscienza o di religione». Con questa brutta sentenza la Corte si è allineata con i tanti (molti “laici” e comunisti) che hanno sempre pensato che, comunque, un po’ di religione (cattolica) a scuola non fa male. Quanto agli aficionados del crocifisso non sarebbe male spiegare loro che quei pezzi di legno incrociati con attaccata una statuetta, nelle disposizioni scolastiche, è classificata – per lo meno ai miei tempi – come facente parte dell’arredo dell’aula, alla stregua del cancellino e della lavagna. Parlare di “simbolo della cristianità” sembra per questo decisamente esagerato.
Per andare controcorrente, direi ancora che chi afferma la laicità della scuola pubblica dovrebbe forse smetterla di lamentarsi e battagliare fino in fondo. A Parigi il terrorismo ha ucciso, l’Europa laica è insorta. Ma nei giorni successivi mi sono chiesto come mai, in un caso come quello delle vignette di Charlie Hebdo, tutti sono pronti a manifestare in piazza o su internet per la libertà di stampa, mentre se si tratta della libertà di coscienza, dell’insegnamento religioso cattolico gestito da Santa Madre Chiesa e pagato da tutti i cittadini, atei e musulmani compresi, o se si propone di studiare la storia delle religioni al plurale e non in modo confessionale, siamo solo noi protestanti, e pochi altri, a mobilitarci (neanche tutti convinti), mentre non passa nella testa di nessun partito, da Vendola a Gasparri a Renzi a Salvini, di darsi una mossa. Non “per le altre religioni” ma affinché la scuola italiana sia culturalmente all’altezza di quell’Europa che tutti vorremmo, Europa dei popoli, Europa di idee che si confrontano, di convinzioni forti e non di imposizioni, di pensieri religiosi e filosofici non integralisti ma aperti alla reciproca diversità, di conoscenza e non di paura.
Il pastore Maselli, parlando del neopresidente della Repubblica Sergio Mattarella, da lui ben conosciuto in Parlamento, esprimeva apprezzamento per le sue posizioni in merito alla legge sulla libertà religiosa, ancora da approvare. Anch’io sono molto contento per questa elezione e penso che più di una volta nella storia della Repubblica alcuni democristiani e cattolici, proprio in quanto tali, hanno saputo tenere la schiena dritta di fronte ai vescovi, anche se spesso a titolo personale più che di forza politica.
Per quanto riguarda la scuola non si può sperare di contraddire il Concordato, ma si deve impedire di andare addirittura oltre quanto previsto dal Concordato (a cominciare dai docenti di religione cattolica e dal loro trattamento privilegiato rispetto all’entrata in ruolo). E si devono cambiare alcune cose, non troppo difficili né dispendiose, affiché la conoscenza dei fatti religiosi entri nella scuola, in modo plurale e attento all’attualità, a volte drammatica, dei conflitti in nome della fede nello stesso Dio.