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L’evangelo annunciato ai poveri

Un giorno una parola – commento a Matteo 5, 11

Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e saranno sturati gli orecchi dei sordi
Isaia 35, 5

Il vangelo è annunciato ai poveri
Matteo 5, 11

Ci sono alcune parole difficili da rendere da una lingua a un’altra, da un’epoca a un’altra: sembrano avere sempre il medesimo significato, mentre in realtà esso cambia nei secoli e nelle situazioni. Pensiamo alla parola “poveri”: cosa vuol dire essere poveri, cosa voleva dire esserlo al tempo di Gesù? Alcuni brani biblici ci fanno capire che in quell’epoca una buona fetta di popolazione possedeva solo la tunica che indossavano e forse i sandali; oggi in Italia chi guadagna 400 o 500 Euro al mese è certamente più povero che ricco, mentre ci sono Paesi del mondo in cui una somma del genere li piazzerebbe in ben altra categoria. La povertà non è un dato definito una volta per sempre: si può essere poveri nella realtà pur sembrando ricchi agli occhi degli altri, esistono persone che si vergognano della loro povertà al punto da cercare di comportarsi come se fossero ricche. La buona notizia dell’amore di Dio che si è concretizzata nella vita e nell’azione di Gesù, l’evangelo, è rivolto a tutte le persone che vivono nella vasta condizione che chiamiamo povertà. Non per invitarle alla rassegnazione – la povertà non è mai una benedizione, solo chi è ricco può permettersi il lusso di scegliere di diventare povero – ma per dar loro forza, energia per risollevarsi, dignità per contribuire a costruire un mondo in cui le differenze tra ricchi e poveri siano meno laceranti. E anche per mettere nella giusta prospettiva il rapporto con i beni che si possiedono e quelli che si bramano, magari domandandosi fino a che punto si è poveri e quanto ci si senta tali.

Interesse geografico: