Rèlígo: viaggio tra le comunità LGBT credenti italiane
13 dicembre 2019
La potenza della fotografia come mezzo comunicativo della realtà che ci circonda
Rèlígo è una mostra fotografica interattiva ideata per creare una connessione diretta tra le comunità LGBT credenti italiane e internazionali.
Nel corso di cinque anni di ricerca, il fotografo documentarista Simone Cerio ha raccolto materiali audio, video, foto e documenti con la finalità di offrire un viaggio tra le comunità Lgbt e il loro rapporto con la fede e le chiese.
Come nasce l’idea di questa mostra?
«Nasce quasi 6 anni fa, quando proposi un progetto di ricerca sull’argomento religioso all’agenzia di fotogiornalismo dove lavoravo. In fase di ricerca trovai il convegno Fede e omosessualità organizzato a Palermo dalla Refo (Rete Evangelica Fede e Omosessualità). Presi il primo aereo e andai a seguire questo incontro, dove conobbi quelli che sono diventati i miei ciceroni, i miei “Virgilio” in questo viaggio, Valentina e Franchina, che mi hanno accompagnato nella conoscenza anche della chiesa valdese».
Conoscevi già la realtà dei gruppi cristiani Lgbt?
«Per me era tutto completamente nuovo, fu una scoperta continua. Sempre in occasione del convegno a Palermo, ebbi anche modo di conoscere uno dei quartieri della prostituzione più popolari di Catania, il San Berillo. In questa zona abitano molte persone legate ad una fede e ad una profonda religiosità cristiana. Trovai affascinanti queste relazioni e mi ritrovai a fotografarle. Poi capii che questo legame tra fede e omosessualità era presente anche in molte altre realtà del territorio italiano. Ho iniziato ad informarmi e piano piano mi sono appassionato al tema, ho passato un anno a conoscere i gruppi Lgbt e mi è capitato più di partecipare a convegni anche senza fotografare, ma per il puro piacere di approfondire l’argomento che avevo scelto».
Come è strutturata la mostra?
«Sono fotografie, poesie, interviste, documenti cho ho raccolto e studiato in questi anni di ricerca. Tra questi ci sono anche dei testi estrapolati da una lettera che Ratzinger, allora arcivescovo, scrisse nel 1986 in cui si identificava per la prima volta l’omosessualità come disordine oggettivo. Queste due parole diedero il via ad tutta una serie di confronti teologici che proseguirono per quasi 30 anni. Nel 2016 papa Francesco ha riaperto le porte con il trattato Amoris laetitia, che dedica alcuni capitoli e paragrafi al rapporto tra fede e omosessualità».
Come spiegheresti la forza comunicativa del lavoro che hai fatto?
«Ho cercato di raccontare le tante storie che ho incontrato lungo il cammino. Mi è rimasto impresso un episodio avvenuto durante un pellegrinaggio organizzato dal gruppo Giovani Cristiani Lgbt verso Assisi la scorsa estate. Giuseppe, un ragazzo che ho fotografato molto, mi raccontò di una persona che si era riavvicinata alla fede e alla chiesa, dopo aver visto una foto che avevo fatto e che raccontava, appunto Giuseppe stesso. L’immagine gli aveva ridato speranza, dandogli la voglia di riprendere un percorso di fede che aveva abbandonato dopo momenti di crisi. Compresi in quel momento la potenza di un’immagine, di una foto e come un lavoro approfondito può cambiare le cose».
Dove potremo vedere l’esposizione?
«Rèlígo è stata costruita e pensata come itinerante, per essere spostata e vista da più persone possibili. Dopo questa prima esposizione in Abruzzo che si è appena conclusa, vorrei esporla a Roma, Milano e poi in Sicilia, luogo che ha avuto un’importanza fondamentale per questo lavoro. In realtà il cerchio della ricerca di questi anni si chiuderà il prossimo anno, con la pubblicazione di un libro fotografico e documentativo collegato alla mostra. Nel 2020 ricorre infatti l’anniversario dei 30 anni dalla nascita dei gruppi Lgbt cristiani in Italia. Il progetto è stato finanziato dall’Associazione Cammini di Speranza tramite il supporto di Open Society Foundation».