Sperimentare la certezza di appartenere a Dio
18 novembre 2019
Un giorno una parola – commento a Romani 8, 35
Tu mi circondi, mi stai di fronte e alle spalle, e poni la tua mano su di me
Salmo 139, 5
Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?
Romani 8, 35
Che si tratti di una domanda retorica che l’apostolo Paolo pone ai Romani, nessuno potrà metterlo in dubbio. Quasi sembra che le sue parole vogliano canzonare tutto ciò che, nella vita del credente, fa sempre a botte con la sua fermezza, con la sua totale adesione a Cristo. Come ci si potrebbe mai lasciare allontanare da Dio, dopo la palese dimostrazione del suo amore verso l’umanità? Chi e cosa potrebbero separarci dalla salvezza gratuita, ma di inestimabile valore, che Dio ci ha offerto tramite la morte e la resurrezione di suo Figlio? Fosse pure la fame… ma la vera fame, quella per cui ci si contorce per evitarne i morsi. Fosse pure la tribolazione… ma quella vera, fatta di soprusi, di vessazioni, di patimenti immani che la vita ci pone davanti. Cosa e chi potrebbe allontanarci dall’amore di Cristo? Forse la persecuzione, o il pericolo… ma il vero pericolo, quello di essere messi a morte tutti i giorni, quello di essere esclusi da quella rete fittissima di relazioni che compongono la nostra vita, quella di essere esiliati dalla normalità dei nostri giorni a causa del nostro amore verso di Lui? Potremmo, allora, ipotizzare che forse Paolo era un sognatore, un idealista portato a pensare che niente e nessuno avrebbero potuto mai mettere in ombra il grande amore che Cristo ha riversato per noi? Forse, potremmo concludere, Paolo non soffrì mai tali patimenti e, dunque, pavoneggiandosi, parlava in modo gratuito e troppo leggero di ciò che invece noi, uomini e donne del nostro tempo, siamo chiamati a sopportare ogni giorno a causa della nostra fede. «Che ne sai tu, Paolo, tu che hai avuto il privilegio di vederlo il Cristo, tu che sei stato, dunque, spinto tutta la vita, dalla forza di quell’incontro, mentre noi, ogni giorno, siamo messi a morte proprio a causa di quell’amore?» (cfr. Rom 8, 36).
Forse, invece, è proprio questa mia domanda ad essere retorica, troppo distante dal concetto di grazia di cui Paolo parla; forse, anzi certamente, Paolo aveva sperimentato la grande certezza di appartenere a Dio, aveva capito di essere prezioso agli occhi del Signore, tanto da credere fermamente che niente lo avrebbe separato da Colui che ha donato se stesso per strapparci dai nostri fallimenti.