La matrice religiosa della violenza
13 novembre 2019
Nel convegno di Ecumenica il paradosso tra gli insegnamenti di pace e amore delle religioni e le guerre legate alla fede di cui è disseminata la storia umana
«Ecumenica è una realtà che va avanti da circa 20 anni, con il fondamentale appoggio e partecipazione dei religiosi delle diverse fedi presenti a Torino. Gettiamo dei piccoli semi e sono nate delle profonde amicizie e collaborazioni. Questa è la dimostrazione che nella normalità della vita il dialogo aiuta le persone ad avvicinarsi. Una rete di relazioni della quotidianità, di gente che mantiene la propria fede e opinioni, ma condivide idee e pensieri».
Giuseppe Valperga, curatore di Ecumenica, introduce così il convegno previsto a Torino giovedì 14 novembre 2019, alle 18 nel Salone della Casa Valdese in Corso Vittorio Emanuele II, 23.
L’annuale appuntamento per religiosi, studiosi e pubblico interessato al dialogo interreligioso, si svolgerà con patrocinio e collaborazione del Centro Culturale Protestante, di Riforma e del Comitato Interfedi della Città di Torino e con il sostegno dell’Otto per Mille della Chiesa Valdese.
Il tema scelto è La matrice religiosa della violenza. «Si tratta di un tema di estrema complessità, controverso e tragico», conferma Valperga. «Massacri e persecuzioni sono di tragica attualità, ma certe situazioni sono ignorate. In molti conflitti, ad esempio, le religioni sono utilizzate per coprire altri obiettivi: dietro questo scudo si nascondono sovente precisi interessi economici o politici. In circa 50 paesi del mondo ci sono persecuzioni verso i credenti di qualunque fede. Non dimentichiamo la contraddizione più grande: a pagare il prezzo più alto nelle guerre sono i civili, le persone “normali”. Vorremmo far emergere alcune realtà mascherate, provando a ragionare su esempi di riduzione dell’aspetto conflittuale. Per quanto ci riguarda, anche il convivio fraterno finale che proponiamo vuole essere un segno di pace: ci sediamo a tavola e mangiamo le stesse cose nel rispetto di tutti i principi delle varie religioni».
Fra i partecipanti al convegno anche il rabbino capo della Comunità ebraica di Torino Ariel Di Porto che, rifacendosi al pensiero di Jonathan Sacks, una delle più importanti voci dell'ebraismo contemporaneo, e in particolare al suo libro Non nel nome di Dio (ed. it. Giuntina, 2017), porterà il suo discorso sul risvolto psicologico della violenza in ambito religioso. Il carattere innovativo del pensiero di Sacks, dice rav Di Porto, sta nell'individuare il conflitto fondamentale non nel rapporto fra padre e figlio, come ha sempre sostenuto l'impostazione freudiana, bensì al rapporto conflittuale tra fratelli: «Il tema della rivalità fra fratelli è dominante all'interno del libro della Genesi. Ne abbiamo vari esempi: Caino-Abele; Isacco-Ismaele; Giacobbe-Esaù; Giuseppe e i suoi fratelli, e parzialmente Rachele e Lea. La ricezione di queste rivalità da parte dei monoteismi porta alla costruzione di un modello secondo il quale questi, fra di loro, sono incompatibili. Ad esempio il giudaismo e il cristianesimo si auto-percepiscono come Giacobbe, lasciando agli altri il ruolo di Esaù. Gli islamici si percepiscono come Ismaele, ed accusano gli ebrei di avere falsificato la storia. Rav Sacks rilegge gli episodi della Genesi mostrando come la parte che, nella visione tradizionale, è scartata (Ismaele, Esaù), non è rifiutata, perché ha altri doni, ed anzi la parte che emerge è quella che da sola non sarebbe in grado di farlo».
Tra l'“esclusivismo confessionale”, in base al quale ognuno ritiene che la propria fede sia l'unica per accedere alla salvezza, e il “pluralismo confessionale”, secondo cui tutte le fedi possono essere valide in vista della salvezza stessa, Sacks opta per una via mediana, l'“inclusivismo confessionale”: è legittimo che ognuno conideri la propria via alla salvezza come la “migliore”, ma non come l'unica possibile. Occorre trovare uno spazio, al momento tutto da costruire, in cui questa visione possa affermarsi.
Come si pongono quindi oggi le religioni di fronte a tali violenze? Cosa lega a doppio filo religione e violenza? Su questi e molti altri interrogativi il Convegno desidera fare chiarezza.
L’ingresso al convegno è libero, per maggiori informazioni contattare le segreteria della Chiesa Valdese di Torino.