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Far risplendere la luce che è in noi

Un giorno una parola – commento a Matteo 5, 16

Il popolo di quelli che conoscono il loro Dio mostrerà fermezza e agirà
Daniele 11, 32

Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli
Matteo 5, 16

L’evangelista Matteo esorta i discepoli a far risplendere la luce che hanno in se stessi.

Com’è la luce che è in te? Ci sono diverse tipologie di luce e questo mi fa pensare molto ad una macchina. Quando stiamo guidando, a seconda del dove ci troviamo e della condizione climatica, noi sappiamo qual è la luce giusta da accendere. Ciò significa che, attraverso la luce che utilizziamo, possiamo determinare il beneficio che diamo attorno a noi. La luce abbagliante non serve laddove siamo in pieno giorno, l’anabbagliante sarebbe quella consigliata.

Così è anche con le persone che incontriamo. Ci sono diversi momenti e luoghi per manifestare la nostra luce. Far risplendere la nostra luce, e ancora meglio farla riflettere, è sempre utile laddove c’è tanto bisogno che Dio sia proclamato e glorificato.

Quando il dubbio sovrasta il discepolo sulla esistenza dell’essere di Dio come luce, bisogna allora richiamare e invocare il suo nome, così che si possa manifestare ancora la sua intensità. Noi credenti ci accorgiamo, nei vari momenti della nostra vita, dell’intensità della luce che portiamo, perché anche gli altri la vedono, di più o di meno, con le nostre buone opere.

Molte lampade hanno l’intensità di luce regolabile, e così dovranno anche essere i discepoli e le discepole nei diversi luoghi. Una giusta misura di luce fa un effetto piacevole in una stanza e tutto l’intorno ne trae beneficio, ma un’intensità sbagliata può accecare. Ogni portatore di luce del Signore, come testimonianza della sua fede, ha il compito di creare un’atmosfera gradevole che rallegra i cuori delle persone.

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