Ascoltare, riflettere, agire
31 luglio 2019
Un giorno una parola – commento a Matteo 11, 15
Il Signore è nel suo tempio santo; tutta la terra faccia silenzio in sua presenza!
Abacuc 2, 20
Chi ha orecchi per udire oda
Matteo 11, 15
“Chi ha orecchi per udire, oda”. Così dice Gesù, spesso a conclusione di insegnamenti che meritano una particolare attenzione. Così termina la narrazione della parabola del Seminatore, così si chiudono altri racconti: la lampada che deve esser posta in vista, la necessità di far bene i propri calcoli se si vuol costruire una torre o far guerra ad un nemico.
Questo modo di sigillare un insegnamento, un richiamo, un avvertimento, raggiunge il massimo effetto nei capitoli 2 e 3 dell’Apocalisse, nelle lettere alle sette chiese in cui vengono evidenziati pregi e difetti di ogni chiesa e che rispecchiano le caratteristiche delle comunità cristiane, nel tempo e nello spazio. Gli aspetti, sia positivi, sia negativi, si concludono sempre con un appello alla vigilanza, alla costanza, alla conversione: «Chi ha orecchi per udire, oda ciò che lo Spirito dice alle chiese».
La mancanza di ascolto è denunciata più volte nella Scrittura: «Figlio mio, sta attento alle mie parole, inclina l’orecchio ai miei detti» (Proverbi 4, 20); «Porgete l’orecchio e venite a me; ascoltate e voi vivrete!»(Isaia 55, 3). E ciò vale anche per le relazioni umane: «Nei vostri giudizi non avrete riguardi personali; darete ascolto ai piccoli come ai grandi»(Deuteronomio 1, 17); «Così parlava il Signore... mostrate l’uno per l’altro bontà e compassione... ma essi si tapparono le orecchie per non udire» (Zaccaria 7, 9-11).
Anche oggi non si ascolta, né la voce del Signore, né le grida di chi chiede aiuto. Forse perché ci sono troppi che gridano, minacciano, insultano o promettono l’inverosimile. Occorre perciò essere attenti e saggi, saper distinguere le parole vane e ingannevoli, da quelle di chi merita ascolto: coloro che hanno fame e sete, che vivono nella povertà e nell’ingiustizia, che fuggono dalla persecuzione e dalle guerre.
In una mano la parola di Dio – diceva Karl Barth – nell’altra il giornale. Ascoltare, riflettere, agire. Non possiamo ignorare queste due voci che ci richiamano alle nostre responsabilità.