La Parola di Dio e le parole umane
17 giugno 2019
Un giorno una parola – commento a Isaia 55, 10-11
Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver annaffiato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, affinché dia seme al seminatore e pane da mangiare, così è della mia parola, uscita dalla mia bocca
Isaia 55, 10-11
Paolo scrive: «La mia parola e la mia predicazione non consistettero in discorsi persuasivi di sapienza umana, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza»
I Corinzi 2, 4
Non è grazie agli sforzi umani che pioggia e neve scendono dal cielo permettendo al suolo di produrre i suoi frutti. Dice Gesù: «La terra da se stessa dà il suo frutto: prima l’erba, poi la spiga, poi nella spiga il grano ben formato. L’essere umano getta solo il seme nel terreno, intanto passano giorni e notti e il seme germoglia e cresce senza che egli sappia come ciò avvenga (Marco 4, 26-29). «Il Signore ha dato e darà la pioggia per la semenza con cui avremo seminato il campo, e il pane, che il suolo produrrà saporito e abbondante» (Isaia 30, 23). Possiamo esserne certi.
Così è per la Parola che Dio infonde in noi. Il seme è la Parola di Dio (Luca 8, 11), se udita e accolta nel cuore, potrà crescere e diventare un frutto maturo. Dio si serve di profeti suoi “portavoce”, testimoni delle sventure di Israele, per richiamare il suo popolo a scuotersi da egocentrismo e idolatria e ad accogliere la Parola che può farlo vivere, prosperare.
Isaia è uno dei grandi profeti ebrei che visse nel regno di Giuda nell’VIII secolo a. C. Egli ci ha lasciato parole molto belle nelle quali i cristiani ravvisano l’annuncio dell’avvento del Regno di Dio. Accade di frequente alle persone di affermare una cosa e di “darla per fatta”, ma invece deve ancora essere attuata per davvero! Forse, la differenza fra la Parola di Dio e le parole umane è che queste ultime spesso restano “lettera morta”, “frutto immaturo”.