Venezia. Pietra d’inciampo per Giovanni Gervasoni
24 gennaio 2019
In occasione delle manifestazioni per la Giornata della Memoria verrà posta a Venezia la pietra d’inciampo per ricordare Giovanni Gervasoni un maestro elementare, dissidente politico, deportato e membro della Chiesa Metodista
Il prossimo 28 gennaio 2019 – in occasione delle manifestazioni per la Giornata della Memoria – si terrà a Venezia la sesta edizione della posa delle Pietre d’Inciampo per ricordare le vittime della deportazione nei campi di sterminio nazisti. Nella mattinata, alle 9.30, a San Polo 2305 verrà posta la pietra d’inciampo per ricordare Giovanni Gervasoni (1909 – 1945) un maestro elementare, dissidente politico, deportato, evangelico e membro della Chiesa Metodista.
Gervasoni è stata una personalità importante e amata dell’antifascismo veneto, con una parabola esistenziale tutta dedicata all’opposizione al regime fascista. «La sua attività politica lo portava a viaggiare spesso tra Venezia e Padova» ricorda Alberto Bragaglia, giornalisga RAI e membro della chiesa metodista veneziana, che ha riferito le memorie di suo padre, allora adolescente, che ricordava «un signore alto e allampanato che appariva improvvisamente in casa e veniva ospitato per alcuni periodi dalla famiglia».
Giovanni Gervasoni, nato a Venezia si convertì al protestantesimo nel dicembre del 1930, entrò a far parte della comunità metodista episcopale della città lagunare e sempre in quegli anni si fece promotore di un gruppo impegnato nella diffusione della stampa antifascista. Grazie alla sua amicizia con il pastore Anselmo Ammenti, il gruppo si riunì prima nei locali della chiesa metodista e in seguito nella casa pastorale. Arrestato nel 1932 come sovversivo, venne rilasciato in breve tempo e sottoposto ad una stretta sorveglianza.
Nel 1935 fondò insieme ad altri giovani evangelici come Giovanni Vezzosi e Ferdinando Geremia un nuovo gruppo impegnato nella distribuzione clandestina di materiale proveniente da Giustizia e Libertà. L’attività venne interrotta nell’aprile di quello stesso anno, quando vennero arrestati il pastore metodista di Padova Dante Seta e lo stesso Gervasoni, condannato a cinque anni di confino sull’isola di Ventotene. Nel 1937 venne nuovamente arrestato e deferito al Tribunale speciale per la difesa dello stato di Roma. L’accusa era quella di aver collaborato con il medico Romolo Quarzola, anche lui al confino a Ventotene. I due avevano tentato di far uscire clandestinamente dall’isola alcuni appelli e memoriali in cui si criticava aspramente la politica fascista. Condannato ad un anno e tre mesi, scontò la pena nelle carceri di Roma e di Civitavecchia.
Nel dicembre del 1938 venne inviato al confino sull’isola di Ponza, località in cui rimase fino al luglio dell’anno successivo. Ritornato a Ventotene, strinse profondi rapporti di amicizia con diversi antifascisti come Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Riccardo Bauer. Alla scadenza della pena, nel 1941, il direttore della colonia penale di Ventotene richiese ed ottenne il prolungamento della pena per Gervasoni, il quale venne condannato a due anni supplementari di confino.
Liberato nel luglio del 1943, fece ritorno a Venezia. Entrato in contatto con le forze armate anglo-americane, divenne partigiano. Catturato dai tedeschi nell’estate del 1944, venne deportato a Dachau, dove morì all’inizio del 1945.